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L'avventura di uno sciatore

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L'avventura di uno sciatore Empty L'avventura di uno sciatore

Messaggio  Ospite Ven Apr 13, 2012 11:13 am

un racconto di Italo Calvino


Allo skilift c'era la coda. La comitiva dei ragazzi venuti col pullman s'era
messa in fila, affiancandosi a sci paralleli, e, a ogni passo avanti che la coda
faceva - una lunga coda che invece d'andar dritta, come pure avrebbe
potuto, seguiva una casuale linea a zig-zag, un po' in salita un po' in discesa
- pesticciando in su oppure scivolando giù di fianco a seconda del punto in
cui si trovavano, e subito ripuntellandosi ai bastoncini, spesso andando a
gravare del proprio peso i vicini di sotto, o cercando di liberare racchette di
bastoncini da sotto a sci dei vicini di sopra, inciampando negli sci andati a
mettersi per storto, chinandosi ad aggiustare gli attacchi e arrestando così
tutta la fila, togliendosi le giacche a vento o i maglioni o rimettendoseli a
seconda se il sole appariva o spariva, ricacciando le filze di capelli sotto il
copriorecchi di lana o gli sbuffi delle camicie a scacchi dentro le cinture,
cercando i fazzoletti nelle tasche e soffiandosi i nasi rossi e gelati, e per
tutte queste operazioni togliendosi e rimettendosi i guantoni che talvolta
cadevano nella neve e bisognava con la punta dei bastoncini ripescarli:
quest'agitazione di piccoli gesti scomposti percorreva la fila e diventava
frenetica al suo culmine, là dove bisognava aprire le cerniere-lampo di tutte
le tasche per cercare dove s'erano cacciati i soldi per il biglietto oppure il
tesserino e porgerlo all'uomo dello skilift che ci faceva i buchi, e poi
rimettersi la roba nelle tasche, e i guantoni, e unire i due bastoncini uno con
la punta infilata nella racchetta dell'altro per tenerli con una mano sola, tutto
questo superando la piccola salita della piazzola dove bisognava essere
pronti a mettere a posto l'àncora dello skilift sotto il sedere e a lasciarsi
trascinare su di strappo.
Il ragazzo con gli occhiali verdi era a metà della coda, intirizzito, con a
fianco un ragazzo grasso che spingeva. E mentre loro erano lì, passò la
ragazza col cappuccio celeste-cielo. Non si mise in coda; andava avanti, in
su, per il sentiero. E muoveva in salita gli sci leggera come camminasse.
- Cosa fa quella? Vuol fare la salita con le sue gambe? - si domandò il
ragazzo grasso che spingeva.
- Ha le pelli di foca, - disse il ragazzo con gli occhiali verdi.
- Però, voglio vederla su dove è più ripido, - disse il grasso.
- Ha poco da far la furba, sta' sicuro!
La ragazza andava con un passo senza sforzo, con un movimento regolare
dei suoi alti ginocchi - era di gamba molto lunga, nei pantaloni tirati, tesi
alla caviglia - a tempo con l'alzare ed abbassare dei lucenti bastoncini. Il
sole in quell'aria gelata e bianca si mostrava come un esatto disegno giallo,
con tutti i suoi raggi: nelle distese di neve senza un'ombra, solamente dal
suo brillío si distinguevano gobbe e anfratti e il battuto delle piste. Nella
giacca a vento celeste-cielo il viso della ragazza bionda era d'un rosa che
diventava rosso sulle guance, contro la bianca felpa dell'interno del
cappuccio. Rideva verso il sole, appena socchiudendo gli occhi. Andava su
leggera, sulle pelli di foca. I ragazzi della comitiva del pullman, con le
orecchie gelate, l'arsura alle labbra, i nasi che tiravano su moccio, non
sapevano staccare gli occhi di dosso a lei, e si facevano spingere nella coda;
finché lei non superò un ciglio e sparì.
Man mano che toccava il loro turno, con parecchi inciampi iniziali e false
partenze, quelli della comitiva prendevano a salire a due a due, trainati per
la pista quasi verticale. Al ragazzo con gli occhiali verdi toccò lo stesso
skilift del grasso che spingeva. Ed ecco, a metà salita, la rividero.
- Ma come ha fatto ad arrivare fin quassù, questa?
In quel punto il percorso dello skilift fiancheggiava una specie di valletta,
dove un sentiero battuto s'inoltrava tra dune alte di neve e radi abeti
frangiati di ricami di ghiaccio. La ragazza celeste-cielo veniva avanti con
quel suo passo esatto e quella spinta avanti delle mani guantate, strette
all'impugnatura dei bastoncini, senza affanno.
- Uuuh! - gridavano loro dello skilift salendo a gambe dure. - Quasi arriva
prima lei di noialtri!
Lei aveva sulle labbra il suo sorriso gentile, e il ragazzo dagli occhiali
verdi restò confuso, e non osò continuare con i lazzi, perché lei abbassava le
ciglia e lui si sentì come cancellato.
Appena arrivato in cima, prese subito a buttarsi per la discesa, dietro il
ragazzo grasso, tutti e due pesanti come sacchi di patate. Ma quello che lui
cercava, arrabattandosi per la pista, era di riavvistare la giacca a vento
celeste-cielo, e si slanciò giù dritto, per farsi vedere coraggioso e nello
stesso tempo mascherare la sua malagrazia nel prendere le curve. - Pista!
Pista! - gridava inutilmente perché anche il ragazzo grasso e tutti loro della
comitiva stavano scendendo a rotta di collo gridando: - Pista! Pista! - e, uno
a uno cascavano giù di sedere o di petto, e lui solo ancora tagliava l'aria
piegato in due sugli sci, finché la vide. La ragazza continuava a salire, fuori
dalla pista, nella neve fresca. Il ragazzo con gli occhiali verdi la sfiorò
passando come una freccia, s'inchiodò nella neve fresca, e ci scomparve
dentro a faccia avanti.
Ma al fondo della discesa, a fiato mozzo, infarinato di neve dalla testa ai
piedi, dài, era di nuovo là con tutti gli altri in coda per lo skilift, e poi di
nuovo su, dài, fino in cima. Stavolta la incontrò che stava scendendo anche
lei. Come andava? Per loro, campione era chi andava giù dritto come un
pazzo. “Beh, non è poi quel gran campione, la bionda” ebbe fretta di dire il
grasso, con sollievo. La ragazza celeste-cielo se ne veniva giù bel bello,
prendendo i suoi zig-zag tutti precisi, ossia, fino all'ultimo non si capiva se
volesse svoltare o cosa fare e tutt'a un tratto la vedevano che scendeva in
direzione opposta a prima. Veniva giù prendendosela calma, si sarebbe
detto, fermandosi ogni tanto, dritta sulle lunghe gambe, a studiare il
percorso; ma intanto, quelli del pullman non riuscivano a tenerle dietro.
Finché anche il grasso ammise: “Altro che storie! Va da dio!”
Il perché non l'avrebbero saputo spiegare, ma era questo che li teneva a
bocca aperta: tutti i movimenti le venivano i più semplici e i più adatti alla
sua persona, senza mai traboccare d'un centimetro, senza l'ombra di
turbamento o di sforzo, o di puntiglio a fare una cosa a tutti i costi, ma
facendola così, naturalmente; e prendendo, a seconda di com'era lo stato
della pista, anche certe movenze un po' incerte, come chi cammina in punta
di piedi, che era tutta una sua maniera per superare le difficoltà senza far
capire se le prendeva sì o no sul serio; insomma non con l'aria sicura di chi
fa le cose come vanno fatte, ma con una punta di ritrosia, come stesse
provando a fare il verso a qualcuno che scia bene e le capitasse sempre di
sciare meglio: questo era il modo in cui la ragazza celeste-cielo andava
sugli sci.
Allora, uno dopo l'altro, giù, goffi, pesanti, strappando i “cristiania”,
forzando in “slalom” le “curve spazzaneve”, quelli del pullman le si
buttavano dietro, e cercavano di seguirla, di superarla, gridando,
canzonandosi, ma tutto quel che facevano era un disordinato diroccare a
valle, con scomposti movimenti delle spalle le braccia coi bastoni tenute
avanti, gli sci che s'incrociavano, gli attacchi che saltavano via dagli
scarponi, e dappertutto dove loro passavano la neve s'apriva in buche di
colpi di sedere, di fiancate, di tuffi a capofitto.
Da ogni caduta, appena alzavano la testa, con lo sguardo cercavano lei.
Attraversando la loro valanga, la ragazza celeste-cielo se ne veniva coi suoi
movimenti leggeri, e le pieghe dritte dei pantaloni tesi appena s'angolavano
in un molleggio cadenzato, e il suo sorriso non si capiva se fosse di
partecipazione alle prodezze e ai contrattempi dei compagni di discesa o
invece il segno che non li vedeva neppure.
Il sole intanto, invece di prendere più forza avvicinandosi al mezzogiorno,
s'intirizziva tutto finché non sparì, come bevuto da una cartasuga. L'aria fu
piena di leggeri cristalli senza colore che, volavano obliqui. Era il
nevischio: non ci si vedeva di qui a lì. I ragazzi sciavano alla cieca,
gridando e chiamandosi, e tutti i momenti uscivano di pista e, dài,
cadevano. L'aria e la neve adesso erano tutto lo stesso colore, bianco opaco,
ma aguzzandoci dentro gli occhi, per poco che si facesse meno denso, ecco
scorgevano l'ombra celeste-cielo come sospesa là in mezzo, che volava in
qua e in là come su una corda di violino.
Il nevischio aveva disperso la coda allo skilift. Il ragazzo con gli occhiali
verdi si trovò senza accorgersene vicino al casotto della stazione di
partenza. I compagni non si vedevano. La ragazza col cappuccio celeste-
cielo era già lì. Aspettava l'àncora, che adesso stava svoltando alla ruota. -
Presto! - gridò l'uomo dello skilift verso di lui, afferrando a volo l'àncora e
trattenendola perché la ragazza non partisse sola. Arrancando a spina di
pesce, riuscì ad affiancarsi alla ragazza appena in tempo per partire con lei,
quasi facendola cadere come si abbrancò al legno. Lei tenne l'equilibrio
anche per lui, finché non gli riuscì di mettersi su bene, farfugliando
recriminazioni, cui rispose una sommessa risata di lei come un glu-glu di
gallina faraona, soffocata dalla giacca a vento tirata su fin sopra la bocca.
Ora il cappuccio celeste-cielo, come un elmo d'armatura, le lasciava
scoperto solo il naso, che aveva un po' aquilino, gli occhi, qualche ricciolo
sulla fronte, e i pomelli delle gote. Così la vedeva, di profilo, il ragazzo
dagli occhiali verdi, e non sapeva se essere felice a trovarsi con lei sulla
stessa àncora di skilift, o vergognarsi d'esser lì tutto imbrattato di neve, coi
capelli sulle tempie, la camicia che gli sbuffava fuori tra il maglione e la
cintura, e che lui per non sbilanciarsi muovendo le braccia non osava
ricacciare a posto, e un po' sbirciava lei un po' stava attento alla posizione
degli sci che non uscissero fuori dal battuto nei momenti di trazione troppo
lenta o troppo tesa, ed era sempre lei a salvare l'equilibrio, ridendo il suo
glu-glu di faraona, mentre lui non sapeva cosa dire.
Di nevicare aveva smesso. Ora anche l'aria nebbiosa si squarciò e nello
squarcio apparve un cielo finalmente azzurro e il sole splendente e le
montagne nitide ghiacciate una per una, solo qua e là piumate sulla cresta
dai soffici brandelli della nuvola di neve. La ragazza incappucciata
riaffacciò la bocca e il mento.
- Ritorna bello, - fece, - io lo dicevo.
- Sì, - disse il ragazzo dagli occhiali verdi, - bello. Poi la neve è buona.
- Un po' molle.
- Oh, già.
- Ma a me così piace, - lei disse, - e anche la discesa nella nebbia è mica
male.
- Finché si sa la pista... - disse lui.
- No, così, - disse lei, - indovinandola.
- Io l'ho già fatta tre volte, - disse il ragazzo.
- Bravo. Io una sola, ma sono andata su senza skilift.
- L'ho vista. Aveva messo le pelli di foca.
- Sì. Ora che c'è il sole vado fin sul colle.
- Sul colle dove?
- Più in su di dove arriva lo skilift. Fin sulla cresta.
- E cosa c'è lassù?
- Si vede il ghiacciaio che sembra di toccarlo. Poi le lepri bianche.
- Le cosa?
- Le lepri. A quest'altezza le lepri d'inverno mettono il pelo bianco. Anche
le pernici.
- Ci sono lì?
- Pernici bianche. Con le penne tutte bianchissime. D'estate invece hanno
le penne caffelatte. Lei di dov'è?
- Italiano.
- Io sono svizzera.
Erano arrivati. Al termine s'erano staccati dallo skilift, lui malamente, lei
accompagnando con la mano l'àncora per tutto il giro. Lei si tolse gli sci, li
mise ritti, dalla borsetta che portava alla cintola tirò fuori le pelli di foca e le
legò sotto gli sci. Lui la stava a guardare, strofinandosi le dita gelate nei
guantoni. Poi, quando lei prese a salire, le andò dietro.
La salita dallo skilift alla cima del colle era dura.
Il ragazzo con gli occhiali verdi ci dava dentro un po' a spina di pesce, un
po' a gradini, un po' arrancando avanti e riscivolando indietro, tenendosi ai
bastoni come uno sciancato alle stampelle. E lei era già lassù che lui ormai
non la vedeva.
Arrivò al colle sudato, a lingua fuori, mezzo accecato dallo sfavillío che si
irradiava tutt'intorno. Là cominciava il mondo del ghiaccio. La ragazza
bionda s'era tolta la giacca a vento celeste-cielo e la portava annodata alla
vita. Anche lei s'era messa un paio di occhialoni.
- Là! Ha visto? Ha visto?
- Cosa c'è? - faceva lui stordito. Era saltata una lepre bianca? Una pernice?
- Ora non c'è più, - lei disse
Giù sopra la valle svolazzavano i soliti uccelli neri gracchianti dei duemila
metri. Era venuto fuori un limpidissimo mezzogiorno e da lassù lo sguardo
abbracciava le piste, i campi affollati di sciatori, di bambini con le slitte, la
stazione dello skilift con la coda che s'era subito riformata, l'albergo, i
pullman fermi, la strada che entrava e usciva dal nero bosco d'abeti.
La ragazza s'era già slanciata per la discesa e andava e andava con i suoi
tranquilli zig-zag, ora era già dove le piste erano più battute dagli sciatori,
ma in mezzo a tutto lo sfrecciare di sagome confuse e intercambiabili la sua
figura appena disegnata come un'oscillante parentesi non si perdeva, restava
l'unica che si potesse seguire e distinguere, sottratta al caso e al disordine.
L'aria era così nitida che il ragazzo dagli occhiali verdi indovinava sulla
neve il reticolo fitto delle orme di sci, dritte ed oblique, delle strisciate, delle
gobbe, delle buche, delle pestate di racchetta, e gli pareva che là
nell'informe pasticcio della vita fosse nascosta la linea segreta, l'armonia,
solamente rintracciabile alla ragazza celeste-cielo, e questo fosse il miracolo
di lei, di scegliere a ogni istante nel caos dei mille movimenti possibili
quello e quello solo che era giusto e limpido e lieve e necessario, quel gesto
e quello solo, tra mille gesti perduti, che contasse.

Italo Calvino (1959)
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Messaggio  buzz Ven Apr 13, 2012 12:18 pm

Very Happy cheers bello
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Messaggio  Ansia Kammerlander Dom Apr 15, 2012 10:57 am

E adesso chi ha più il coraggio di postare! Bellissimo.
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