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Parto io
Essendomi rotto le palle di libri più o meno pesanti.
Ho iniziato quasi per caso la serie de "La Torre Nera" di Stephen King (o Stefano Re)
Ne sono assolutamente rapito, sono quasi alla fine del 5° libro, un macello!
Ne mancano due per la fine...più un ottavo che se ho capito bene si colloca tra il 3° e il 4°.
Mi piacerebbe recuperare anche i fumetti.
Visto che anche i manga cominciano a stancarmi un po' (merda sto invecchiando).
Essendomi rotto le palle di libri più o meno pesanti.
Ho iniziato quasi per caso la serie de "La Torre Nera" di Stephen King (o Stefano Re)
Ne sono assolutamente rapito, sono quasi alla fine del 5° libro, un macello!
Ne mancano due per la fine...più un ottavo che se ho capito bene si colloca tra il 3° e il 4°.
Mi piacerebbe recuperare anche i fumetti.
Visto che anche i manga cominciano a stancarmi un po' (merda sto invecchiando).
Ospite- Ospite
Re: Biblioteca Virtuale
Io devo andare avanti con " Cecità" di Josè Saramago
Attendo l' umore giusto.
Attendo l' umore giusto.
Adriano- Messaggi : 602
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Età : 65
Località : spilimbergo
Re: Biblioteca Virtuale
Poi ti tocca il seguito di Cecità, Saggio sulla lucidità. Bello anche quello
AndreaVe- Messaggi : 3250
Data d'iscrizione : 11.03.12
Re: Biblioteca Virtuale
Fo3-The Awakening ha scritto:Prima di Roland di Gilead ho letto questo
notevole
ho sentito una sua intervista e mi aveva colpito.
Vorrei leggerlo.
mork- Messaggi : 1446
Data d'iscrizione : 12.03.12
Età : 50
Località : Bolzano
Re: Biblioteca Virtuale
Educazione siberiana a me è piaciuto molto.
ora sto leggendo l'ultimo di Nicolai "Kolima" Lilin
Il respiro del buio,
molto interessante, parla del suo difficile reinserimento nella società civile dopo aver combattutto in Cecenia (di questa guerra parla nel libro "Caduta Libera")
ora sto leggendo l'ultimo di Nicolai "Kolima" Lilin
Il respiro del buio,
molto interessante, parla del suo difficile reinserimento nella società civile dopo aver combattutto in Cecenia (di questa guerra parla nel libro "Caduta Libera")
d_ice- Messaggi : 145
Data d'iscrizione : 15.03.12
Età : 47
Località : BagnacaudaTaown
Re: Biblioteca Virtuale
Credo il miglior manga degli ultimi anni sia One Piece, un capolavoro assoluto.
BLAME ho visto l anime ma non ho il fumetto
BLAME ho visto l anime ma non ho il fumetto
Ospite- Ospite
La libreria
Ho letto alcuni giorni fa "Pastorale americana" di Philip Roth.
Di questo autore avevo letto in passato "lamento di portnoy" e non mi era piaciuto affatto. Per cui non mi aspettavo molto.
Invece, nelle prime pagine, l'ho trovato assolutamente geniale.
Mi è piaciuto moltissimo come descrive il suo alter ego scrittore che si avvicina a questo mito della sua infanzia, cerca di guardargli dentro, la disillusione quando vede che oltre la maschera non c'è niente, la sorpresa quando si rende conto di aver sbagliato completamente, di aver visto solo la maschera e ignorato la tragedia. E' una finissima descrizione dell'approccio agli altri tramite le nostre categorie, senza essere mai didascalico. Di come siamo condannati a non conoscere gli altri, mai.
Dopodiché, se il libro fosse finito qui, quando alla festa del cinquantenario il fratello dello Svedese gli dice che è morto, di cancro. Secondo me sarebbe assolutamente perfetto. Una fucilata.
Invece a quel punto cambia completamente registro.
Da esterno che guarda e ammette di non capire, l'autore entra come un deus ex machina nella vita del suo soggetto, lo segue passo passo emozione dopo emozione, ne descrive la vita e i suoi pensieri, l'infanzia nel rapporto con il padre, il matrimonio fin nella camera da letto, la figlia schiacciata dalla perfezione di genitori americani progresssiti belli e invincibili, la cui vita è tutta fatalmente in discesa, verso... il fondo.
Qui diventa anche didascalico, ci fa spiegare perché la figlia si ribella prima con la balbuzie poi con le bombe poi lasciandosi morire. Perchè il disfacimento della sua famiglia è lo specchio del disfacimento del sogno americano. Perché muore, somatizzando la sua sconfitta in un cancro.
Non che la seconda parte del libro sia brutta. Ma non ha nulla a che vedere con la prima. E' un altro livello, semplicemente.
L'intuizione che nella prima parte rende ogni pagina sorprendente e densa, nella seconda non c'è. La storia procede verso un finale amaro e scontato, inevitabile.
La figura della figlia, Merry, per quanto in un certo modo protagonista, resta in secondo piano. E' quasi caricaturale. E' una descrizione quasi onirica, un incubo borghese.
Ho pensato, per contro, al giovane Holden, di Salinger.
Che rende perfettamente l'impossibilità di vivere il sogno americano e la mancanza di un'alternativa. La scomposizione di se stesso cui ricorre Holden inconsapevolmente, una sorta di destrutturazione, è pari pari simile a quella che può aver vissuto Merry, ma Salinger lo sente e te lo fa sentire, Roth no.
Per Roth, Merry è una nemesi casuale, per chi ha avuto troppo. Inevitabile, quasi masochisticamente Giusta.
Non dico che ci sia autocompiacimento, ma una sorta di legge del contrappasso in vita, questo sì.
Comunque, è un libro che vale la pena di leggere. In fondo.
Di questo autore avevo letto in passato "lamento di portnoy" e non mi era piaciuto affatto. Per cui non mi aspettavo molto.
Invece, nelle prime pagine, l'ho trovato assolutamente geniale.
Mi è piaciuto moltissimo come descrive il suo alter ego scrittore che si avvicina a questo mito della sua infanzia, cerca di guardargli dentro, la disillusione quando vede che oltre la maschera non c'è niente, la sorpresa quando si rende conto di aver sbagliato completamente, di aver visto solo la maschera e ignorato la tragedia. E' una finissima descrizione dell'approccio agli altri tramite le nostre categorie, senza essere mai didascalico. Di come siamo condannati a non conoscere gli altri, mai.
Dopodiché, se il libro fosse finito qui, quando alla festa del cinquantenario il fratello dello Svedese gli dice che è morto, di cancro. Secondo me sarebbe assolutamente perfetto. Una fucilata.
Invece a quel punto cambia completamente registro.
Da esterno che guarda e ammette di non capire, l'autore entra come un deus ex machina nella vita del suo soggetto, lo segue passo passo emozione dopo emozione, ne descrive la vita e i suoi pensieri, l'infanzia nel rapporto con il padre, il matrimonio fin nella camera da letto, la figlia schiacciata dalla perfezione di genitori americani progresssiti belli e invincibili, la cui vita è tutta fatalmente in discesa, verso... il fondo.
Qui diventa anche didascalico, ci fa spiegare perché la figlia si ribella prima con la balbuzie poi con le bombe poi lasciandosi morire. Perchè il disfacimento della sua famiglia è lo specchio del disfacimento del sogno americano. Perché muore, somatizzando la sua sconfitta in un cancro.
Non che la seconda parte del libro sia brutta. Ma non ha nulla a che vedere con la prima. E' un altro livello, semplicemente.
L'intuizione che nella prima parte rende ogni pagina sorprendente e densa, nella seconda non c'è. La storia procede verso un finale amaro e scontato, inevitabile.
La figura della figlia, Merry, per quanto in un certo modo protagonista, resta in secondo piano. E' quasi caricaturale. E' una descrizione quasi onirica, un incubo borghese.
Ho pensato, per contro, al giovane Holden, di Salinger.
Che rende perfettamente l'impossibilità di vivere il sogno americano e la mancanza di un'alternativa. La scomposizione di se stesso cui ricorre Holden inconsapevolmente, una sorta di destrutturazione, è pari pari simile a quella che può aver vissuto Merry, ma Salinger lo sente e te lo fa sentire, Roth no.
Per Roth, Merry è una nemesi casuale, per chi ha avuto troppo. Inevitabile, quasi masochisticamente Giusta.
Non dico che ci sia autocompiacimento, ma una sorta di legge del contrappasso in vita, questo sì.
Comunque, è un libro che vale la pena di leggere. In fondo.
buzz- Messaggi : 7223
Data d'iscrizione : 25.11.11
Re: Biblioteca Virtuale
Io l ho trovato una manata, pesante, senza speranza.
Il piegarsi mai dello svedese, circondato da persone incapaci di essere felici nonostante avessero tutto, il padre padrone, la figlia ribelle, la moglie insoddisfatta, la crisi economica.
Bello ma duro, come un pugno.
Il piegarsi mai dello svedese, circondato da persone incapaci di essere felici nonostante avessero tutto, il padre padrone, la figlia ribelle, la moglie insoddisfatta, la crisi economica.
Bello ma duro, come un pugno.
Ospite- Ospite
Re: Biblioteca Virtuale
Io sto leggendo questo... Mettiamola così, già lo si sa, ma evitare di cacciarsi nei guai in quei così detti "paradisi" è meglio.
In Italia siamo assuefatti ma schifati dalla corruzione, lì corrompono per rimanere vivi, vivi... per modo di dire, vivi...
Altro mondo.
baldazzar- Messaggi : 1441
Data d'iscrizione : 12.03.12
Re: Biblioteca Virtuale
Adriano ha scritto:Io devo andare avanti con " Cecità" di Josè Saramago
Attendo l' umore giusto.
UNA BOMBA! a parte che sono innamorata di Saramago che ho scoperto troppo tardi e di cui ho per fortuna ancora un sacco da leggere, di cecità mi ricordo che mi faceva male allo stomaco leggerlo, è durissimo!!! però è bello bello bello, ora sto leggendo saggio sulla lucidità, che racconta cosa succede quando tutti i cittadini decidono di votare scheda bianca in massa e ricollega il fenomeno alla cecità di cui stai leggendo tu e quindi chiama gli stessi protagonisti, che non vedo l'ora di ritrovare. Altra bomba: le intermittenze della morte, sempre di Saramago. Quest'uomo è un genio.
karamella- Messaggi : 32
Data d'iscrizione : 15.03.12
Località : Dorica
Re: Biblioteca Virtuale
io sto finendo "la zattera di pietra" sempre di Saramago, confermo, anche per me quest'uomo è assolutamente geniale !!! La capacità che ha di sezionare i rapporti tra persone, spogliare l'uomo da tutto quello he è sovrastruttura, e andare all'essenza dei rapporti tra persone, è incredibile.
Beldar- Messaggi : 531
Data d'iscrizione : 13.03.12
Età : 52
Località : Sardegna, circa...
Re: Biblioteca Virtuale
Anche io l' ho scoperto tardi con L' ultimo quaderno e mi ha colpito parecchio.....
Adriano- Messaggi : 602
Data d'iscrizione : 12.03.12
Età : 65
Località : spilimbergo
Re: Biblioteca Virtuale
Beldar ha scritto:io sto finendo "la zattera di pietra" sempre di Saramago, confermo, anche per me quest'uomo è assolutamente geniale !!! La capacità che ha di sezionare i rapporti tra persone, spogliare l'uomo da tutto quello he è sovrastruttura, e andare all'essenza dei rapporti tra persone, è incredibile.
eccone un altrro che mi manca, che bello! il mio primo suo è stato il vangelo secondo gesù, e poi caino. Mi piace come racconta dio e tutto quello che lo riguarda. Di recente mi è capitato tra le mani "josè e pilar", una raccolta di suoi scritti e di scritti di altri su lui, con un dvd che devo ancora vedere; tra le cose scritte di lui in quel libro mi piace "rimpiangeremo il dio di saramago" di M. Maggiani, che si può leggere qua per chi ne ha voglia:
http://www.libreidee.org/2010/06/maggiani-rimpiangeremo-il-dio-di-saramago/
per chi non ne ha voglia metto solo l'epigrafe del suo vecchio romanzo citato:
«E io domando agli economisti politici, ai moralisti, se hanno già
calcolato il numero di individui che è giocoforza condannare alla
miseria, al lavoro spropositato, alla demoralizzazione, all’infanzia,
all’ignoranza nella crapula, alla sventura invincibile, alla penuria
assoluta, per produrre un ricco».
karamella- Messaggi : 32
Data d'iscrizione : 15.03.12
Località : Dorica
Re: Biblioteca Virtuale
domanda banale:
mi avete molto incuriosito con saramago;
cosa consigliereste per iniziare ?
grazie !
mi avete molto incuriosito con saramago;
cosa consigliereste per iniziare ?
grazie !
Ospite- Ospite
Re: Biblioteca Virtuale
come scrivevo sopra, ho letto poco rispetto a quanto ha scritto e quindi non sono in grado di dare consigli ma a me il vangelo secondo gesù, che me lo ha fatto scoprire, è piaciuto da morire e lo straconsiglio se non lo hai letto
karamella- Messaggi : 32
Data d'iscrizione : 15.03.12
Località : Dorica
Re: Biblioteca Virtuale
karamella ha scritto:come scrivevo sopra, ho letto poco rispetto a quanto ha scritto e quindi non sono in grado di dare consigli ma a me il vangelo secondo gesù, che me lo ha fatto scoprire, è piaciuto da morire e lo straconsiglio se non lo hai letto
prendo nota, grazie;
in effetti non ho letto nulla di saramago, mea culpa, lo so....
Ospite- Ospite
Re: Biblioteca Virtuale
Magus ha scritto:io per il momento di saramago ho letto le intermittenze della morte e mi è piaciuto davvero molto.
accidenti, ogni commento che mi viene è spoiling vabbè anche a me è piaciuto assai
karamella- Messaggi : 32
Data d'iscrizione : 15.03.12
Località : Dorica
Re: Biblioteca Virtuale
Di Saramago ho letto solo "Cecità" e devo dire che mi ha colpito non poco. Un bella mano stretta alla bocca dello stomaco
Ha uno stile di scrittura - punteggiatura ridotta all'osso, frasi affastellate una sull'altra, ritmo continuamente interrotto e a volte disorientante - che inizialmente mi ha infastidito, ma che alla lunga ho apprezzato e trovato molto adatto al contenuto.
Ha uno stile di scrittura - punteggiatura ridotta all'osso, frasi affastellate una sull'altra, ritmo continuamente interrotto e a volte disorientante - che inizialmente mi ha infastidito, ma che alla lunga ho apprezzato e trovato molto adatto al contenuto.
Re: Biblioteca Virtuale
devo ancora finirlo, ma mi sta prendendo come da tempo non mi capitava con un libro:
parla di eventi di 30 anni fa, ma è sorprendentemente e dolorosamente attuale.
parla di eventi di 30 anni fa, ma è sorprendentemente e dolorosamente attuale.
Spider- Messaggi : 80
Data d'iscrizione : 27.03.12
Re: Biblioteca Virtuale
Stavo per scriverlo io, ho lasciato il messaggio a metà per prendere il caffè, e adesso non ho molto altro da aggiungere a quello che ha scritto Giggio.giggio ha scritto:Di Saramago ho letto solo "Cecità" e devo dire che mi ha colpito non poco. Un bella mano stretta alla bocca dello stomaco
Per rispondere a Silvio, non avendone letti altri di Saramago (ah no... c'è anche L'anno della morte di Ricardo Reis), non se sia il migliore per cominciare, ma che vuol dire poi... Cecità è veramente un gran libro.
ciao!
Ospite- Ospite
Re: Biblioteca Virtuale
Posto qui alcune cose che avevo scritto sul mio blog alcuni mesi fa:
Ho letto “Considera l’aragosta” di E.F.Wallace. Contemporaneamente “L’uomo che parlava con i lupi” di Shaun Ellis.
Nel primo mi riempio di ammirazione per l’intelligenza dell’autore e per la straordinaria padronanza della lingua che gli consente di esprimere i pensieri modulandoli e sfumandoli in profondità, alleggerendoli, rinforzandoli, giocandoci. Sagacia, cultura, originalità, spirito di osservazione. Tutto questo ma anche l’incredibile capacità, apparentemente senza sforzo, di scivolare via con leggerezza, pur mantenendo fra le mani i capi di molte linee di ragionamento, contemporaneamente, non perdendone uno, paragrafi subordinati e note. L’analogia che mi viene in mente è un’orchestra, e un maestro che la dirige, una musica. Wallace mi fa venire in mente Mozart. Non sempre il genio e la capacità di comunicarlo vanno di pari passo. Perlomeno sembrano, dal mio modesto punto di osservazione, andare di pari passo. Quando accade, come in Wallace, si resta estasiati a guardare il fuoco d’artificio che scaturisce dal filo dei suoi pensieri. Qualunque sia l’argomento che sta trattando. Anche se mai prima di quel momento avresti pensato di poter essere tanto affascinato dalla lettura di uno scritto su quel tema.
Tuttavia, proprio come per i fuochi d’artificio, quando finiscono è finita. Non potresti descrivere la fantasmagoria dei colori e delle forme, se non vagamente. Ti resta la sensazione di aver assistito a qualcosa di bello. Almeno in questo libro Wallace è così.
Nell’altro invece, se la scrittura di Wallace è una fuoriserie, qui siamo di fronte ad un borbottante macinino autocostruito che molto faticosamente sposta se stesso e quel poco che può portare appena per un breve tratto. Però quel poco che può portare, ovvero fuor di metafora, il rapporto di questo uomo con i lupi, è molto interessante.
Infatti, comprese le basi del loro sistema sociale e delle lo istanze comunicative, l’uomo riesce a farsi accettare come membro del branco. La domanda che viene spontanea è: i lupi sono stupidi a scambiare tale bolso personaggio per uno di loro, oppure sono incredibilmente tolleranti? Ma questo è ancora pensare con le nostre categorie di pensiero. Infatti, né l’una né l’altra cosa. Sono semplicemente programmati a basso livello per reagire a certi stimoli e agiscono di conseguenza.
Se avessero coscienza di sé, nel senso di essere coscienti della propria coscienza, così come noi, allora si accorgerebbero che qualcosa non quadra, e che quell’essere non è uno di loro. Si chiederebbero che ci stia a fare fra loro, e dopo deciderebbero se essere tolleranti o intolleranti. Se accettarlo o mangiarselo.
Mi sembra una visione piuttosto romantica e antropocentrica pensare ai lupi che tolleranti accettano il diverso nella loro comunità. Sicuramente qualcuno potrebbe trarne dettami politically correct. Non io.
Dopotutto, capire i segnali di comunicazione base con i lupi non deve essere molto difficile, visto che in un remoto passato ne abbiamo fatto cani. Non vorrei dire però, ma penso che con le tigri, ad esempio, la cosa sia un pochino più complessa. Ma anche le zebre, che a differenza dei cavalli, non siamo mai riusciti né a cavalcare né a fargli portare un carretto.
Ma il libro che ho letto ultimamente e che mi è sicuramente piaciuto di più, spettacolare per la scrittura e che alla fine ti lascia pure con quella tipica sensazione di vuoto – o di pieno – fate voi, di un caleidoscopio di sensazioni non tutte facilmente digeribili, anzi alcune dure da masticare come cotenne, è stato “Meridiani di sangue” di Cormack McCarty.
Direi come tutti i libri di McCarty che ho letto.
A proprosito di grandi scrittori. Ho anche finito di leggere “Underworld” di Don De Lillo. Bello. E anche lui scrive da dio. Ma (restando in tema di deità) cristo! McCarty è un’altra cosa. Voglio leggere anche “Rumore bianco” che mi aspetta sul comodino, sempre di De Lillo. Vi farò sapere. Ma parliamo di Meridiani.
Di che parla? Dovessi spiegarlo a un bel po’ di gente che conosco, senza troppe sottigliezze, direi che è un …”western”. Sì, proprio come i film western. Avete presente? cauboi, indiani, messicani, soldati, bang bang colt scalpi eccetera. Ombre rosse, clint eastwood, balla coi lupi. Quella roba lì.
Solo che in McCarty c’è la vita cruda. Nuda e cruda. Senza compiacimento nè domande inespresse. Quelle ce le metti te.
C’è. La vita. E ovviamente la morte. Indifferente. Casuale. Come un entomologo che guarda una colonia di formiche. Mi sa chè ho già usato questa metafora quando su questo blog ho parlato di “Suttree” un altro capolavoro di McCarty. C’è la violenza e l’inevitabilità della stessa, al punto da renderla indolore, come dire… non necessaria, ma ineludibile. Ogni uomo è artefice del destino, proprio e altrui, con quella naturalezza di una pietra che rotola, di un onda che si frange, di un vento che soffia.
La cosa sorprendente, non è la durezza, lo squallore, la sporcizia, la bestialità, la sofferenza, la crudeltà. La cosa sorprendente che per brevi attimi, fortunosamente, casualmente, siamo riusciti ad affrancarsene al punto da sorprenderci guardando quello che McCarty ci mostra. E ti senti molto, molto provvisorio. Per questo.
...
Poi ho delle cose che avevo scritto qui e là, su DFWallace, DeLillo, Pynchon. Ma suppongo ne sia stato già scritto abbastanza.
Ho letto “Considera l’aragosta” di E.F.Wallace. Contemporaneamente “L’uomo che parlava con i lupi” di Shaun Ellis.
Nel primo mi riempio di ammirazione per l’intelligenza dell’autore e per la straordinaria padronanza della lingua che gli consente di esprimere i pensieri modulandoli e sfumandoli in profondità, alleggerendoli, rinforzandoli, giocandoci. Sagacia, cultura, originalità, spirito di osservazione. Tutto questo ma anche l’incredibile capacità, apparentemente senza sforzo, di scivolare via con leggerezza, pur mantenendo fra le mani i capi di molte linee di ragionamento, contemporaneamente, non perdendone uno, paragrafi subordinati e note. L’analogia che mi viene in mente è un’orchestra, e un maestro che la dirige, una musica. Wallace mi fa venire in mente Mozart. Non sempre il genio e la capacità di comunicarlo vanno di pari passo. Perlomeno sembrano, dal mio modesto punto di osservazione, andare di pari passo. Quando accade, come in Wallace, si resta estasiati a guardare il fuoco d’artificio che scaturisce dal filo dei suoi pensieri. Qualunque sia l’argomento che sta trattando. Anche se mai prima di quel momento avresti pensato di poter essere tanto affascinato dalla lettura di uno scritto su quel tema.
Tuttavia, proprio come per i fuochi d’artificio, quando finiscono è finita. Non potresti descrivere la fantasmagoria dei colori e delle forme, se non vagamente. Ti resta la sensazione di aver assistito a qualcosa di bello. Almeno in questo libro Wallace è così.
Nell’altro invece, se la scrittura di Wallace è una fuoriserie, qui siamo di fronte ad un borbottante macinino autocostruito che molto faticosamente sposta se stesso e quel poco che può portare appena per un breve tratto. Però quel poco che può portare, ovvero fuor di metafora, il rapporto di questo uomo con i lupi, è molto interessante.
Infatti, comprese le basi del loro sistema sociale e delle lo istanze comunicative, l’uomo riesce a farsi accettare come membro del branco. La domanda che viene spontanea è: i lupi sono stupidi a scambiare tale bolso personaggio per uno di loro, oppure sono incredibilmente tolleranti? Ma questo è ancora pensare con le nostre categorie di pensiero. Infatti, né l’una né l’altra cosa. Sono semplicemente programmati a basso livello per reagire a certi stimoli e agiscono di conseguenza.
Se avessero coscienza di sé, nel senso di essere coscienti della propria coscienza, così come noi, allora si accorgerebbero che qualcosa non quadra, e che quell’essere non è uno di loro. Si chiederebbero che ci stia a fare fra loro, e dopo deciderebbero se essere tolleranti o intolleranti. Se accettarlo o mangiarselo.
Mi sembra una visione piuttosto romantica e antropocentrica pensare ai lupi che tolleranti accettano il diverso nella loro comunità. Sicuramente qualcuno potrebbe trarne dettami politically correct. Non io.
Dopotutto, capire i segnali di comunicazione base con i lupi non deve essere molto difficile, visto che in un remoto passato ne abbiamo fatto cani. Non vorrei dire però, ma penso che con le tigri, ad esempio, la cosa sia un pochino più complessa. Ma anche le zebre, che a differenza dei cavalli, non siamo mai riusciti né a cavalcare né a fargli portare un carretto.
Ma il libro che ho letto ultimamente e che mi è sicuramente piaciuto di più, spettacolare per la scrittura e che alla fine ti lascia pure con quella tipica sensazione di vuoto – o di pieno – fate voi, di un caleidoscopio di sensazioni non tutte facilmente digeribili, anzi alcune dure da masticare come cotenne, è stato “Meridiani di sangue” di Cormack McCarty.
Direi come tutti i libri di McCarty che ho letto.
A proprosito di grandi scrittori. Ho anche finito di leggere “Underworld” di Don De Lillo. Bello. E anche lui scrive da dio. Ma (restando in tema di deità) cristo! McCarty è un’altra cosa. Voglio leggere anche “Rumore bianco” che mi aspetta sul comodino, sempre di De Lillo. Vi farò sapere. Ma parliamo di Meridiani.
Di che parla? Dovessi spiegarlo a un bel po’ di gente che conosco, senza troppe sottigliezze, direi che è un …”western”. Sì, proprio come i film western. Avete presente? cauboi, indiani, messicani, soldati, bang bang colt scalpi eccetera. Ombre rosse, clint eastwood, balla coi lupi. Quella roba lì.
Solo che in McCarty c’è la vita cruda. Nuda e cruda. Senza compiacimento nè domande inespresse. Quelle ce le metti te.
C’è. La vita. E ovviamente la morte. Indifferente. Casuale. Come un entomologo che guarda una colonia di formiche. Mi sa chè ho già usato questa metafora quando su questo blog ho parlato di “Suttree” un altro capolavoro di McCarty. C’è la violenza e l’inevitabilità della stessa, al punto da renderla indolore, come dire… non necessaria, ma ineludibile. Ogni uomo è artefice del destino, proprio e altrui, con quella naturalezza di una pietra che rotola, di un onda che si frange, di un vento che soffia.
La cosa sorprendente, non è la durezza, lo squallore, la sporcizia, la bestialità, la sofferenza, la crudeltà. La cosa sorprendente che per brevi attimi, fortunosamente, casualmente, siamo riusciti ad affrancarsene al punto da sorprenderci guardando quello che McCarty ci mostra. E ti senti molto, molto provvisorio. Per questo.
...
Poi ho delle cose che avevo scritto qui e là, su DFWallace, DeLillo, Pynchon. Ma suppongo ne sia stato già scritto abbastanza.
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