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La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982

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Messaggio  buzz Lun Lug 23, 2012 10:19 am

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Aerial-routes
Da questa veduta aerea la via della Cresta Nord Est è la nr. 16, giallo. (da http://www.mounteverest.net/story/stories/ChomolungmaNirvana-theRoutesofMountEverestMay292004.shtml )

Si tratta di una via molto difficile, per la lunghezza, le difficoltà tecniche e per la quota, che comporta una prolungata permanenza nella zona della morte.

La spedizione dei britannici del 1982 alla cresta Nord Est dell'Everest fu il primo tentativo, condotto da quella che forse era la più forte squadra del tempo.

Alla generazione dei Chris Bonington, Dougal Haston, Donald Willans e Joe Brown, faceva seguito una squadra formidabile di elementi più giovani, quali Douglas Scott e quindi Joe Tasker, Dick Renshaw, Peter Boardman e Alex Mc Intyre, che iniziarono a misurarsi con gli 8000 e altre vette minori, con lo stile usato dai loro antenati sulle Alpi nell’800, usando tecniche avanzate, ma sempre cercando di rendere la sfida uomo-natura la più leale possibile.


Il filmato di presentazione della spedizione tratto dagli archivi della BBC
si vedono Bonington, Boardman e Tasker


L'idea era quella di salire la più lunga ed inviolata dorsale sulla montagna piú alta dei mondo, senza usare l'ossigeno e un moderato uso di corde fisse.

Membri della spedizione erano il collaudato gruppo di Pete Boardman, Joe Tasker, Dick Renshaw e Chris Bonington, il capo spedizione. Li aiutavano Charles Clarke e Adrian Gordon, che però non avevano intenzione di salire oltre il Campo Base Avanzato, a 6400 metri.

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Be198210
Renshaw, Boardman, Bonington, Tasker, in piedi dietro Gordon

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 390002
La zona delle "operazioni" e la posizione dei campi I, II, III

(il seguito è tratto dalla relazione di Bonington http://www.himalayanclub.org/journal/the-british-everest-expedition-to-china-1982/ e dalla postfazione di "La Montagna di Luce" di P. Boardman)


Il 4 aprile i quattro incominciarono la salita e la fase di acclimatamento. Il progetto prevedeva una tattica d'assedio, con un minimo di corde fisse, scavando buche di neve per i campi inferiori. Questo approccio aveva il vantaggio di ridurre il peso delle attrezzature e rendere piuttosto sicuri i campi, in quanto le tende sarebbero state a grande rischio per via del forte vento contro cui sulla cresta non avrebbero avuto difesa.
Inoltre i quattro membri della spedizione sarebbero stati sempre insieme, e ciò avrebbe facilitato la comunicazione su idee e progetti.

Il 10 aprile scavarono il primo campo a 6850 mt, poi il 12, a 7250 mt, provarono a scavare il buco del Campo 2, incontrando però quasi subito la roccia. Benché fosse abbastanza rotta, ci vollero ugualmente 14 ore di lavoro suddivise in alcuni giorni per ottenere una buca che potesse contenerli tutti.


Dopo un periodo di riposo, tornarono al Campo 2 e da lì superarono (il 21) un primo gradino per un canale di neve e un secondo (il 22) per rocce rotte. Fu lì che sistemarono le prime corde fisse. Il 24 aprile scesero ai 5200 del Campo Base, per avere un vero riposo, visto che al Campo Base Avanzato noti riuscivano a ristabilirsi completamente. Il I° maggio erano ancora tutti e quattro al Campo 2. Il giorno dopo salirono alla spalla di neve, dei 7884 m, e, mentre Boardman e Renshaw si fermarono lassú a scavare il Campo 3, Bonington e Tasker scesero al Campo 2 per risalire il giorno successivo con altro equipaggiamento. Alcune centinaia di metri su neve abbastanza facile li condussero nei pressi della prima grande difficoltà, il primo dei tre pinnacoli che caratterizzano la cresta nord est.

Lì a 7900 m. la cresta di neve diventava sottile a lama di coltello, sbarrata dai pinnacoli di roccia. All'enorme lunghezza (circa 800 metri) di questa sezione si opponeva un misero guadagno di dislivello di neppure 400 metri prima di raggiungere la giunzione con la cresta nord e cioè con la via cinese. a 8290 mt. Da lì in poi avrebbero proseguito per la vetta seguendo la via normale salita per la prima volta dai cinesi nel 1965, ben conosciuta e assai frequentata. Il 4 maggio Boardman e Bonington attaccarono il primo pinnacolo: Pete fu subito impegnato su un tratto misto di roccia e ghiaccio, a tal punto che Chris fu costretto a giuntare due corde assieme per permettergli di arrivare ad una sosta. Andava forte Pete, e Chris era ben contento di lasciarlo condurre per altri 100 metri. Il giorno dopo Dick e Joe proseguirono: Renshaw superò una lunghezza estrema, su neve ripida e inconsistente. Alla fine di questa. un fastidioso e incontrollato tremore lo costrinse a tornare alla buca di neve del Campo 3. Continuarono Joe e Pete, arrivando quel giorno sulla cima del primo pinnacolo, a 8170 m.

La preoccupazione per i sintomi di Renshaw e la stanchezza di quattro giorni sopra i 7900 mt, li consigliarono di scendere al Campo Base, dove Clarke, il medico, diagnosticò a Dick un leggero infarto e lo costrinse ad abbandonare subito la spedizione. Anche Bonington si convinse di essere arrivato al limite e che avrebbe soltanto rallentato la progressione di Joe e Pete. Inoltre questi ultimi potevano aver bisogno, subito dopo l'attacco alla vetta, di qualcuno che gli andasse incontro lungo la via cinese della cresta nord. Bonington e Gordon potevano farlo.

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 390005
Cresta NordEst Everest da est Rougbuk Glacier. Raphu La a sinistra, il Colle Nord a destra. (P = Pinnacoli, F = corde Fisse

Il 15 maggio Pete e Joe salirono dal Campo Base Avanzato direttamente al Campo 2 in sei ore (segno di quanto fossero in forma e ben acclimatati). Il 16 raggiunsero il Campo 3, con un buon assortimento di viveri, una discreta quantità di combustibile e circa 250 metri di corda da poter fissare. Nella stessa giornata Bonington e Gordon tentarono di raggiungere il Colle Nord (all'inizio della cresta nord, cioè della via normale dei cinesi), come programmato. Ma alle sei di sera erano ancora 100 metri sotto, fermati dal muro di ghiaccio della crepaccia terminale. Fu lì che ebbero l'ultimo contatto radio con Joe e Pete: lo chiusero con l'accordo che il giorno successivo avrebbero avuto due contatti, il primo alle tre del pomeriggio e il secondo alle sei di sera. All'apparecchio era Pete: sembrava del tutto ottimista. Chris e Adrian scesero al Campo Base Avanzato, pensando di riposare per un giorno e di salire il 18 maggio al Colle Nord.

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 390003

Il 17, Bonington riuscí a seguire con un potente cannocchiale i progressi della cordata sulla cresta. Alle nove di mattina erano già in cima al primo pinnacolo, poi però impiegarono tutto il giorno per superare quattro lunghezze di corda, quasi sempre sui versante nord ovest della cresta e quindi pienamente visibili dai compagni. Alla sera erano al piede del secondo pinnacolo, poi scomparvero dietro, sul versante sud orientale. Bonington pensò che avessero difficoltà a trovare un luogo per una tenda o per una buca di neve. Il fatto che non avessero effettuato il contatto radio non lo preoccupò piú di tanto, era piú probabile un'impossibilità momentanea a parlare che non un guasto alla ricetrasmittente.

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Everes12
In verde la via dal Colle Nord attraverso cui Bonington e Gordon avrebbero dovuto congiungersi con la via seguita da Boardman e Tasker sulla cresta.

Il mattino del 18 maggio Bonington e Gordon ripartirono per il Colle Nord e per tutto il giorno guardarono la cresta nord est, da lì visibile ancor meglio. Misero la tenda sul bordo della crepaccia terminale e raggiunsero il Colle Nord la mattina del 19. Per quel giorno e anche per tutto il 20 guardarono la cresta con i binocoli, sempre piú preoccupati perché sapevano che non era possibile raggiungere la giunzione con la cresta nord senza entrare nel loro campo visivo. L'unica spiegazione poteva essere una caduta mortale sul terrible versante sud est, verso il Kangshung Glacier, praticamente verticale per 3600 metri!

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 390004
I punti dove avrebbero potuto o dovuto entrare a vista (di Bonington e Gordon) ma dove non arrivarono

Nel frattempo Clarke era tornato, dopo aver accompagnato Dick Renshaw fino a Chengdu. I tre scartarono la possibilità di salire la cresta per un improbabile soccorso e preferirono verificare cosa potesse vedersi dal Kangshung Glacier. Gordon rimase al Campo Base Avanzato, mentre gli altri due scendevano al Campo Base il 22 maggio; con un camion andarono al villaggio di Kharta e da li camminarono per una sessantina di chilometri attraverso il valico del Langma La fino al ghiacciaio del Kangshung, dove peraltro non videro alcun segno né di vita né di morte. Anche Adrian Gordon non vide, nulla fino al 28 maggio, giorno in cui decise di scendere al Campo Base. Nei giorni seguenti ai tre, riuniti al Campo Base, non rimase che accettare che Joe e Pete erano morti. Charles Clarke incise una pietra a memoria dei due amici, che ancora oggi si può vedere al campo base dell'Everest. poi ricordò: "mentre incidevo la scritta, il mio unico desiderio era che gli ultimi momenti della loro vita potessero essere per sempre avvolti nel mistero".

e oltre

Quando nel 1984 l'americano Donald Goodman si trovava molto in alto sulla cresta nord (via normale), quasi alla giunzione con la cresta nord est, a 8290 m, riconobbe chiaramente, guardando verso la cresta nord est, un oggetto rossastro nella neve e tra le numerose torri di roccia. Gli ingrandimenti fotografici fecero pensare ad una persona seduta con lo zaino ed un materassino giallo.

L'anno dopo, Rick Allen (quello della Mazeno Ridge) della spedizione Pilkington, raggiunse gli 8150 m in una stupefacente incursione solitaria sulla cresta. Non riuscì a raggiungere la vetta del primo pinnacolo ma trovò la cinepresa di Tasker (senza film esposti). In seguito, al piede del primo pinnacolo, la spedizione trovò due imbragatura appese a un chiodo e un paio di bastoncini. Il capo spedizione Mal Duff giudicò che quelli non erano oggetti da abbandonare se non nel disperato tentativo di risparmiare sul peso.

Nell'agosto 1988 i pinnacoli furono alla fine traversati per la prima volta dal neozelandese Russell Brice e dal britannico Harry Taylor che raggiunsero la Spalla nord est (la giunzione tra cresta nord e cresta nord est) a 8400 m dopo due giorni di dura scalata e un terribile bivacco poco prima del terzo pinnacolo. I due rinunciarono a proseguire per la vetta, causa il tempo incerto e le condizioni della neve, e discesero subito per la cresta nord. Riportarono che la cresta tra il primo e secondo pinnacolo, dove appunto Tasker e Boardman erano stati visti l'ultima volta, era veramente affilata con cornici su ambo i lati e rigonfiamenti e funghi di ghiaccio ovunque: data l'impressionante quantità di neve non videro nulla degli sfortunati predecessori.

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Cresta10
Ingrandimento della zona dei Tre Pinnacoli vista da nord. X = dove è stato ritrovato il corpo di Boardman.
Il corpo di Tasker potrebbe essere stato intravisto più sopra.



Nel 1992 i quattro alpinisti kazaki Valeri Khrishchaty, Vladimir Suviga, Yuri Moseev e Viktor Dedi lavoravano assieme ai giapponesi Motomo Ohmiva, Manabu Hoshi, Yoichiro Taniguebi e Tsuyoshi Kokubo per salire la cresta nord est, questa volta definitivamente. Dapprima scoprirono una buca di neve a 7250 m con materiale vario appartenuto a Boardman e Tasker, nonché un diario di Bonington, con data ultima il l° maggio 1982. Poi, a circa 8200 mt poco oltre e sotto la vetta del secondo pinnacolo 8230 m, scoprirono una testa che fuoriusciva dalla neve. Nei loro vari tentativi, passarono quattro volte accanto al corpo e a fine maggio Vladimir Suviga poté fotografare quella salma seduta nella neve. Per la caduta mortale di Hoshi e per il successivo salvataggio di Ohmiya da parte dei kazaki, la spedizione non arrivò in vetta ma fu costretta a scendere per la cresta nord. In seguito la fotografia di Suviga dimostrò con certezza che il corpo era quello di Pete Boardman. Anche la giacca era la sua. Nessuna traccia di Tasker.


La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Vie_ev10

La cresta nord est dell'Everest cedette nel 1995 ad un'organizzatissima spedizione giapponese che, cingendo letteralmente d'assedio la via, con gran dispendio di sherpa (35 ) e di mezzi, ne ebbe finalmente ragione. Praticamente coprirono tutta la via con corde fisse. Ma, come spesso succede, questo successo d'equipe non colpì alcuna fantasia, le riviste quasi lo ignorarono. Ingiusto forse, ma è certo che Pete Boardman e Joe Tasker non meritavano che la loro via avesse una conclusione cosí ingenerosamente diversa da quella che loro avevano sognato.


Anche i giapponesi incontrarono un corpo che un'ipotesi iniziale voleva di Tasker: in seguito però, anche con l'aiuto dei due capi spedizione Tadao Kanzaki e Kiyoshi Furono, si stabili che era lo stesso incontrato dai kazaki tre anni prima, quello di Boardman.

Fu allora che la foto di Goodman tornò ad interessare. Già nel 1992 Motomo Obmiya, co-leader dei kazako-giapponesi, aveva osservato che l'oggetto rossastro era situato piú in alto e ben oltre la posizione in cui fu trovato Boardman. Seguirono approfonditi studi, tra i quali si distingue per precisione quello di Jochen Hemmleb per cercare di determinare l'esatta posizione dell'oggetto, senza peraltro giungere a conclusioni precise. In queste ricerche Hemmleb, coadiuvato dal neozelandese Russell Brice, investigò perfino sull'esatta geografia del luogo, cercando di districare la complicata matassa di pinnacoli e giungendo a stabilire, assieme a Brice, l'esistenza di un quarto pinnacolo Ma, nonostante l'accuratezza di queste disquisizioni, lo stesso Hemmleb non se la sente di difendere una versione definitiva. L'oggetto in questione potrebbe essere la loro tenda. oppure nient'altro che Joe Tasker, il quale, dopo aver visto morire di sfinimento l'amico, potrebbe aver proseguito da solo, nel disperato tentativo di raggiungere la cresta nord, e in seguito anche lui essersi seduto per sempre a guardare quella cresta, non cosí lontana e unica possibile via di salvezza.

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 390006
La cresta NE dal Kangshung Glacier P = pinnacoli, X = dove è stato ritrovato il corpo di Boardman

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Kanshu10
sulla destra, il profilo della cresta dal Kangshung Glacier (con delle vie aperte successivamente), la posizione dei campi, X dove è stato ritrovato il corpo di Boardman, G il punto di giunzione con la via della Cresta Nord a 8290 mt

altra foto con maggiori dettagli dalla stessa visuale:
La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 15%205%20Everest%20Kangshung%20East%20Face%20Close%20Up%20From%20Langma%20La%20In%20Tibet

La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Pete-b1

Dagli archivi del Guardian le dichiarazioni dei componenti superstiti della spedizione.
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Messaggio  biemme Lun Lug 23, 2012 10:30 am

post di Alpinismo di quelli da incorniciare, buzz
complimenti sinceri !! Wink cheers

p.s. : mi stupisce sempre più quello spazio bianco sulla Fantasy Ridge Rolling Eyes
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Messaggio  Topocane Lun Lug 23, 2012 10:37 am

che Storie, a quei tempi azz Smile

e, appunto, con attrezzature e assistenze di quei tempi Exclamation

ora sembran quasi passeggiate... tsk Rolling Eyes
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Messaggio  buzz Lun Lug 23, 2012 10:41 am

@biemme, Beh considera che la Fantasy Ridge conduce naturalmente all'altezza del Campo III della spedizione del 82.
Insomma esce piuttosto bassa, con le difficoltà della Cresta NE ancora tutte da affrontare.


@topocane, proprio passeggiate non direi, viste le ripetizioni che conta la via.
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Messaggio  Ospite Lun Lug 23, 2012 11:00 am

grande post Buzz Very Happy

Non avevo mai avuta chiara tutta la faccenda.

Penso che l'alpinismo himalayano tra gli anni '70 e '80 abbia raggiunto un apice straordinario. Considerare l'Everest e soprattutto una cresta del genere una montagna da affrontare con uno stile leggero, in completa autosufficienza e in prima assoluta, con un piccolo super team è una cosa impensabile anche ai giorni nostri.

Penso che la Mazeno Ridge ci abbia riportati tutti un po' indietro nel tempo e a questi fasti.

La Fantasy è una super-via ma come fa notare Buzz corre il rischio di sembrare una super variante di attacco

Bel post, fatto molto bene cheers
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Messaggio  dogui Lun Lug 23, 2012 11:02 am

Un gran bel pezzo ..veramente coinvolgente!!!
Smile
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Messaggio  buzz Lun Lug 23, 2012 11:13 am

A ha scritto:
Penso che l'alpinismo himalayano tra gli anni '70 e '80 abbia raggiunto un apice straordinario. Considerare l'Everest e soprattutto una cresta del genere una montagna da affrontare con uno stile leggero, in completa autosufficienza e in prima assoluta, con un piccolo super team è una cosa impensabile anche ai giorni nostri.

Penso che la Mazeno Ridge ci abbia riportati tutti un po' indietro nel tempo e a questi fasti.

Il collegamento emotivo fra questa spedizione e quella di quest'anno sulla Mazeno Ridge esiste dichiaratamente.

Sandy Allan: " E' simile, anche se la Mazeno è forse tecnicamente altrettanto o un po' più difficile, ed è certamente più lunga. Ma la cresta NE è più alta in termini di quota e aveva nello stesso tempo più potenziali bivacchi sopra 8000m. E, naturalmente, salire dal Tibet in quei giorni era davvero remoto e isolato. Era considerata una delle sfide più difficili del tempo e il perdere tali scalatori fu scioccante per tutto l'ambiente della scalata britannica, l'istituzione alpinistica e me, fino al midollo. "

Rick Allen, nel 1985 con la spedizione Pilkington, raggiunse gli 8150 m in una stupefacente incursione solitaria sulla cresta. Non riuscì a raggiungere la vetta del primo pinnacolo ma trovò la cinepresa di Tasker.
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Messaggio  LucaVi Lun Lug 23, 2012 12:56 pm

Letto tutto, con grande interesse. Molti pensieri, adesso.
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Messaggio  buzz Lun Lug 23, 2012 1:53 pm

C'è da aggiungere, a margine, che relativamente alla foto che si trova in rete (facilmente) e che viene indicata come raffigurante il corpo di Pete Boardman, c'è chi oppone delle buone ragioni affermando che non si tratti di lui.

Questo perché:
1) Boardman è stato visto l'ultima volta indossava una tutta rossa
2) Il terreno circostante, nella versione non tagliata della foto è relativamente piatto e non appare come il terreno vicino alla parte superiore del II Pinnacolo in cui è stato trovato il corpo di Boardman.
3) Il numero molto piccolo di persone che hanno avuto accesso alle foto del corpo di Boardman rende improbabile che possano aver divulgato l'immagine. Solo 2 spedizioni hanno riferito di avere avvistato il suo corpo. La prima era del 1992, quella giapponese-kazako. La seconda nel 1995 (la giapponese Nihon University Expedition Everest NNE Ridge). Le foto scattate furono inviate a Chris Bonington per l'identificazione.

Non si trova la fonte originale. La foto è stata riprodotta su molti siti web e priva di qualsiasi contesto o identità.
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Messaggio  Ospite Lun Lug 23, 2012 4:48 pm

Splendido Buzz ok Letto tutto d'un fiato Wink

Sempre emozionante leggere di Boardman e Tasker. La loro impresa sul Changabang nel '76 l'ho sempre considerata una delle più belle e visionarie salite alpinistiche di tutti i tempi. E ogni volta che rivedo le immagini di quella salita, i loro volti, mi sembra di sognare ad occhi aperti.
Avevo letto poi che erano "scomparsi" tutte e due durante un tentativo all'Everest. Non so dove lo lessi, ma c'era scritto proprio che erano scomparsi, non morti o precipitati.
Questa cosa mi aveva colpito, ma non avevo mai voluto approfondire le circostanze della loro morte, forse per un senso di pudore: mi piaceva continuare a ricordarli come li avevo conosciuti in fotografia dopo la discesa dal Changabang.

Ora che ho messo insieme tutti i pezzi che mi mancavano, rimango ancora più sbalordito e affascinato, per non dire quasi turbato dallo loro storia...

ciao!
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Messaggio  Davide62 Lun Lug 23, 2012 9:13 pm

Niente...banalmente ti dico solo bravo.
Dopo Iannilli Wink sei il mio autore preferito.
Sei proprio bravo a mettere insieme tutti questi fatti, foto, immagini e chi più ne ha più ne metta.
Direi illuminante e da leggere assolutamente.
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Messaggio  virgy Lun Lug 23, 2012 10:26 pm

grazie!

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Messaggio  buzz Mar Lug 24, 2012 7:20 am

Mentre cercavo informazioni e spunti su questo tema, ho ripreso in mano il libro di Maria Coffey, "L'ombra della montagna", essendo Maria la compagna di Joe Tasker.

Mi sono reso conto di averlo letto un po' sbrigativamente, quando uscì.
Probabilmente il mio stato d'animo era diverso. Forse avevo un rapporto diverso con la morte, con la montagna, con la morte in montagna.
Ora riesco a vedere con molta più chiarezza lo straordinario egoismo degli alpinisti, che da un giudizio che guardi l'aspetto umano a 360 gradi, oltre che lo specifico dell'attività in montagna, uscirebbero nella maggior parte dei casi come ben misere figure.

La dipendenza - nella sua accezione di dipendenza fisica da una droga - dalla montagna, con la debolezza di non saper fare a meno degli altri, quando lontani da essa.
L'infantile irresponsabilità, l'egocentrismo illimitato, la presunzione: sicuramente non sarebbe possibile senza queste caratteristiche compiere quelle che vengono considerate grandi imprese, ma quanta miseria umana si cela dietro le immagini patinate in copertina.

Non può non venire mente la parola "falliti". E il prezzo che si paga per la propria compulsione, la morte in ambienti dove la vita non c'è, è quello giusto. Ma è poco, quando ci si lascia dietro un mare di dolore e di domande.
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Messaggio  biemme Mar Lug 24, 2012 10:52 am

buzz ha scritto:Mentre cercavo informazioni e spunti su questo tema....

beh qui si andrebbe OT, o meglio, ci vorrebbe un topic a parte Wink

non capisco infatti se ti riferisci a joe tasker giudicandolo in base al libro (che nn ho letto) della compagna, che è come si potrebbe giudicare un barbier leggendo anna lauwaert, o un unterkircher o casarotto leggendo le biografie lasciate dalle rispettive compagne di vita, ovvero se tu ritenga che "gli alpinisti" di livello eccezionale, quelli autori di imprese memorabili, siano tutti come li hai descritti.

e se è la seconda che ho detto, ci sarebbe piuttosto da riflettere se sia meglio un'esistenza condotta nella mediocritas, sempre col freno a mano tirato su istinti, pulsioni e passioni, nel terrore latente di non provocare dolori e domande a chi ti sta attorno, il tutto per poi andare, comunque e inesorabilmente, incontro a una morte in ambienti dove la vita c'è ... mache sempre morte rimane.

a quel punto dov'è il confine tra un successo e un fallimento? non sono finzioni entrambi? (mi viene in mente in proposito il pensiero di pasolini, sul successo)

e ora ci troveremmo ad aprire topic non sulla mazeno o sull'everest, bensì sul ragionier rossi, impiegato del catasto, che ha messo su famiglia, tre figli laureati, la suocera in casa e una vita trascorsa sul tragitto casa-ufficio, ma piena di successi, perchè promosso capoufficio e poi capo del catasto, infine morto serenamente in camera d'ospedale vicino ai suoi cari che sgranano il rosario, un bellissimo funerale ... beh meglio addormentarsi in un crepaccio anticipando di qualche anno la camera d'ospedale ma dopo aver realizzato dei Sogni o ricercandoli ... e questo non solo per i grandi alpinisti, ma anche per i grandi esploratori, inventori, navigatori, astronauti, ricercatori ...
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Messaggio  Admin Mar Lug 24, 2012 11:02 am

In genere la vita di ognuno di noi è fatta di compromessi, generati dalla Prima contraddizione:
siamo entità individuali ma abbiamo bisogno degli altri.

Chi più, chi meno, dobbiamo tutti fare i conti con questa contraddizione.
Che genera compromessi in ogni ambito della nostra esistenza.

Il compromesso fra l'affermazione del nostro "io" e la necessaria mediazione con "l'altro".

Negli alpinisti ciò è molto evidente.
Spesso il grande alpinista, quello che compie imprese che lo fanno sentire e lo fanno chiamare grande è una molto piccola persona, nella vita privata. Un egoista irresponsabile nei confronti di tutti coloro che gli stanno attorno.

Bisognerebbe avere il coraggio, la forza, la consapevolezza, di sapere stare soli, quando s'intende dedicare la propria vita ad un'amante così pericolosa e totalizzante come può essere la montagna.

Ovviamente ciò vale anche per esploratori, astronauti, navigatori o quant'altro... non solo per gli alpinisti.


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Messaggio  mork Mar Lug 24, 2012 11:06 am

quoto buzz e biemme, e probabilmente anche i prossimi che vorranno scrivere... l'argomento è talmente complesso che non saprei a chi dar ragione.
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La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982 Empty Re: La spedizione britannica alla cresta NE dell'Everest, 1982

Messaggio  buzz Mar Lug 24, 2012 11:21 am

Specifico che il mio discorso non è da intendersi come assoluto. Non intendo che esista solo il bianco o solo il nero. La vita piatta contrapposta alla vita ricca in cui si realizzano i nostri sogni.
Esiste il grigio, anzi: esistono infinite sfumature di grigio.

Purtroppo, anche qui, come per il discorso sul "meno" inteso come accezione negativa (topic sul gouter) anche la parola "grigio" è di per sé intesa male.

Se dico una vita grigia non è una bella cosa. Si contrappone ad essa la vita a colori.

Ma nella vita se ti sposti molto da un lato necessariamente non potrai stare dall'altro.
Se fai molto molto in un campo, devi aver tolto da qualche altra parte, inevitabilmente.

Se fai (e sei) anche in altri ambiti della tua esistenza, probabilmente non avrai fatto qualcosa di eclatante, qualcosa di totalizzante nel campo che sognavi.

Riuscire a dedicarsi anima e corpo a qualcosa in determinati periodi e basta può essere una soluzione.
Ma siamo sempre nell'ambito delle scelte. Quando a governarle non c'è la razionalità ma la compulsività, allora è inutile parlarne.

In quel caso l'alpinista (o altri simili) è schiavo della sua passione. Gli altri esseri umani di cui si circonda (e di cui ha bisogno) gli servono solo per i momenti in cui soddisfatta la sua brama si ritira a ricaricare le energie.

Sono il suo porto sicuro, ma la sua vita si svolge altrove.
Questo uso del prossimo è spesso il frutto di due squilibri che si trovano, ma ciò non rende la cosa più giustificabile.

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Messaggio  biemme Mar Lug 24, 2012 11:38 am

Ad_buzz ha scritto:In genere la vita di ognuno di noi è fatta di compromessi, generati dalla Prima contraddizione:
siamo entità individuali ma abbiamo bisogno degli altri.

Chi più, chi meno, dobbiamo tutti fare i conti con questa contraddizione.
Che genera compromessi in ogni ambito della nostra esistenza.

Il compromesso fra l'affermazione del nostro "io" e la necessaria mediazione con "l'altro".

Negli alpinisti ciò è molto evidente.
Spesso il grande alpinista, quello che compie imprese che lo fanno sentire e lo fanno chiamare grande è una molto piccola persona, nella vita privata. Un egoista irresponsabile nei confronti di tutti coloro che gli stanno attorno.

Bisognerebbe avere il coraggio, la forza, la consapevolezza, di sapere stare soli, quando s'intende dedicare la propria vita ad un'amante così pericolosa e totalizzante come può essere la montagna.

Ovviamente ciò vale anche per esploratori, astronauti, navigatori o quant'altro... non solo per gli alpinisti.

già, grande contraddizione

e concordo che esistano e debbano esistere i "grigi", che in medio stat virtus (mi pare si scriva così)

ma proprio leggendo le testimonianze di vedove di "grandi" (alpinisti, scienziati, esploratori ...), emerge come la Prima contraddizione sia propria ed evidente in tutto il genere umano, non solo nei grandi alpinisti. Forse questi ultimi ti appaiono persone più piccole di altre, nella vita privata, perchè grande è l'impatto di un'esistenza messa a rischio così palesemente, ma il marito che si fuma 80 sigarette al giorno o passa la giornata al bar a bere o a drogarsi è egoista irresponsabile tanto se non più del padre di famiglia che se ne sale sulla mazeno per 18 giorni.

l'amante può essere la montagna, il vino, il gioco d'azzardo, il fumo, un'altra amante segreta ... quante tipologie di queste persone dovrebbero avere forza e coraggio di starsene da soli? e l' "altro" che sta loro accanto? ne vogliamo parlare? se lo sono cercato o è venuto loro accanto? ... leggendo i libri delle "vedove", scorgi nelle pieghe che quello stesso individualismo regnava in fondo anche nella vedova, che potrebbe aver scelto di stare accanto a un "grande" proprio perchè era grande, nel bene e nel male. e se mai il "grande" fosse stato una piccola persona, come tu dici, chi gli stava accanto dovrebbe essere stata la prima persona ad accorgersene, della sua piccolezza, no? Wink
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Messaggio  buzz Mar Lug 24, 2012 11:47 am

Sono assolutamente d'accordo, relativamente al fatto che l'alpinismo non sia il solo, pur nella sua gratuità, a poter essere indicato come attività che si prende tutto, e che certi comportamenti pur nelle pieghe di vite normali, non siano da meno.

Ma stavamo parlando di alpinismo... Very Happy
quindi su quello mi sono appuntato.

Poi se vogliano generalizzare possiamo farlo, tanto il discorso di fondo resta quello.

Per rispondere alla tua domanda:
la mia sensazione è che quanto più sei un grande alpinista tanto più sia stato supportato, sul piano umano, da una donna mamma con tendenze masochiste. Very Happy

E' una boutade provocatoria, ovviamente, le generalizzazioni lasciano il tempo che trovano.

E poi come dicevo sopra, c'è anche chi in certi periodi si è dedicato anima e corpo all'alpinismo e poi ha limitato molto, scegliendo all'interno di una relazione (magari per via di figli) mediazioni molto forti.



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