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Per chi ritorna a casa

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Messaggio  d_ice Gio Mar 29, 2012 10:35 am

MauMau ha scritto:Yo io ti consiglio di leggere il libro di Anne Lauwert su Claude Barbier. Sebbene io dia l'impressione di essere cinico e freddo (ho perso naturalmente, come tutti gli alpinisti, parecchi compagni in montagna) ciò non mi ha impedito di commuovermi nella lettura di quelle pagine, che rappresentano il punto di vista di una donna che ha perso il suo compagno che ammirava e amava tantissimo e tenta di farsene una ragione. Io però ragiono e continuo a ragionare secondo il mio punto di vista, quello di chi mette a repentaglio la propria vita dando l'impressione di fregarsene dei suoi cari, non da quello di chi sta a casa ad aspettare. E' vero, siamo egoisti, ma se non lo fossimo non partiremmo mai. Non saremmo quello che siamo. Anne si sarebbe innamorata di Claude, se fosse stato un comunissimo poltronaro della domenica? Ho sempre vissuto con insofferenza questa ansia di chi stava a casa, quindi spesso ho preferito non dire dove andavo e cosa facevo. Tanto la quantificazione del rischio è difficile da fare per un alpinista, credo impossibile per chi sta a casa e non lo è. Questi reagisce emotivamente, al fatto che tu parti e alla consapevolezza che tu possa non tornare. Se non sa, sta più tranquillo

Consiglio anche "Goretta e Renato Casarotto, una vita tra le montagne"... mi commuovo solo a ripensare ad alcune pagine Sad
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Messaggio  fab Gio Mar 29, 2012 11:46 am

Questo lo sento come il topic che non ho aperto.
Erano giorni che cercavo di metabolizzare i concetti espressi da yo.

Più o meno si sa che aspetto il terzo figlio, e in questi tre anni prolifici molto è cambiato nella mia vita, e nel mio modo di ragionare.
La morte di Enzolino mi ha scosso non poco, ha buttato benzina su un fuoco che ardeva già da tempo.
Purtroppo ho il terrore di non veder crescere i miei figli.

E' irrazionale ma tant'è. Fatico anche a scrivere questo post, ma cercare di liberarsi da questa sensazione è per me doveroso anche per dare libertà a loro.
La notte pensavo non all'alpinismo, ma allo scooter, tutti i giorni avanti e indietro. L'avrei voluto vendere il giorno dopo. Ma la mattina tutto è più limpido e gli incubi si allontanano, e si ricomincia. Tra poco nascerà il terzo e non sappiamo se sia maschio o femmina, e spesso sento anche la paura di non arrivare a saperlo. Ricordo la stessa sensazione prima della nascita di Mattia, il più grande, la paura di non vederlo.

Sembrerò paranoico, ma riesco a staccare solo non pensandoci.
Effettivamente sono un fatalista, anche se convinto che una persona il destino se lo crea, perlomeno prende decisioni che lo porteranno in alcune direzioni.

Spesso penso di voler ricominciare ad usare i friend, ma poi penso chi me lo fa fare..

Ho una grande confusione dentro che sono convinto si placherà negli anni, tant'è che non ho mai smesso di andare sullo scooter, ma convivo con una lotta interiore tra il me che si vorrebbe chiudere in una campana e quello che vuole la sua vita, anche perchè sono convinto che vivere pienamente ogni minuto della propria vita sia l'unica cosa giusta da fare.

Questo è un nervo scoperto che sto cercando di mettere sotto pelle.
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Messaggio  yo Gio Mar 29, 2012 2:32 pm

In effetti i vostri commenti mi ancorano come non mai su questa terra e mi fanno pure pensare che abbia sbagliato il titolo del topic, percui lo modificherei da "Per chi rimane a casa" in "Per chi ritorna a casa".
Avrei una bella faccia tosta ad essere immune dalle mie stesse "critiche".

Non ho tanto da aggiungere ora se non il punto di vista di una figlia.

Io vivo questa passione del verticale senza stato di ansia. Anzi, penso spesso di arricchirla con altri passatempi, ora sto pensando al parkour, quanto l'arrampicata possa essere utile per il parkour e quanto il parkour possa essere utile per l'arrampicata. Cerco di trovare sempre nuovi stimoli, cerco di portare tutto il bagaglio sportivo e mentale che possa servirmi. Smettere è l'ultima cosa a cui penso. Non ho l'approvazione di mio padre ma fortunatamente è uno che s'intrufola poco nella vita dei suoi figli, anche perchè non potrebbe, a volte ho la sensazione di ripercorrere le sue tappe. Certo è che ha dei figli un po più forsennati di quanto lo sia stato lui. E comunque con questa cosa ci devo fare i conti--e anche con mia sorella quando mi chiama la domenica e poi di lunedì mi rinfaccia che non sono mai raggiungibile---<<sono in "campagna", come puoi pretendere che il telefono prenda in ogni buco di questa di terra!!>>

Grazie per i vostri commenti.
Maurizio leggerò senz'altro il libro che mi hai suggerito. Leggere la Montagna dal punto di vista di una donna mi ha sempre affascinato, trovo che negli occhi di una donna la Montagna sia vista in maniera meno austera.

@espo: ho letto il tuo racconto su Racconti, la parte finale è stata "un bel ritorno a casa"
Chissà quante migliaia ne esistono.
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Messaggio  espo Gio Mar 29, 2012 2:36 pm

yo ha scritto:



O forse intendevi proprio dire che gli uomini sono più egoisti?
Saranno veramente così "dei duri"? (provocazione lecita)

l'unica è provare. Cool
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Messaggio  Tengri Gio Mar 29, 2012 4:01 pm

Diciamo che a parte quotare in toto Buzz ... non lo faccio fisicamente per non occupare spazio telematico Per chi ritorna a casa - Pagina 2 3321516098 ... ho poco altro da aggiungere.

Direi solo una cosa a Fab. Vado anche io in scooter al lavoro. Ho scoperto che faccio 16 km al giorno. E questo se non vado in palestra. A quel punto se ne aggiungono forse altri 10-12. 5 giorni a settimana.

Arrampico in montagna relativamente poco. E come tutti i paranoici della sicurezza arrampico su cose al mio livello. Soprattutto perché non ho ambizioni da CV alpinistico. Arrampico per il piacere di farlo. Non per "fare quella via". Non me ne frega quasi un cazzo di questa seconda accezione. Se una via mi piace la posso fare pure ogni anno. Tipo serial climber che torna sulla scena del delitto.

Beh, fra le due cose ti assicuro che è da sempre che considero quella più pericolosa la prima.

Quindi fattene una ragione, usare i friend è meno pericoloso che andare in ufficio in motorino. Questo è assodato. Sono numeri, non fantasie. Ovviamente ciò è vero se in entrambi i casi rimani "al tuo livello". ovvero quando il tuo intervento può cambiare le sorti di un evento. non che lo cambi per forza. Ma almeno una possibilità c'è. Se vai a 140 in città è come arrampicare sull'VII quando in falesia fai il 5c. Wink

L'unica differenza è che lo scooter lo usi utti i giorni e quindi si abbassa in maniera significativa la PERCEZIONE del pericolo. non il pericolo oggettivo dell'azione che stai compiendo. Metti un indigeno dell'Amazzonia ad attraversare una strada di Roma. Impazzisce di paura dopo 10 minuti. Noi lo facciamo senza nemmeno guardare se il semaforo è verde o rosso. Capiamo da come si comportano le macchine se stanno rallentando perché ci hanno visto o meno.

Però prova a farti tu 10 minuti da solo nel mezzo della foresta pluviale .... Per chi ritorna a casa - Pagina 2 3321516098
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Messaggio  Q Gio Mar 29, 2012 5:56 pm

yo ha scritto:Da una citazione di Maurizio

MauMau ha scritto:la morte di un compagno di cordata, con cui hai condiviso bei momenti,
lascia sempre un segno. Anche se a fare gli alpinisti si diventa
fatalisti. Forse perchè perdi troppi compagni, amici, conoscenti in
montagna. Non perchè pensi, come si dice di solito, che son morti
facendo ciò che gli piaceva. Ma perchè è come un legame di sangue che
c'è tra noi alpinisti, il sapere che oggi è toccato a lui e domani
potrebbe essere la tua ora. Non c'è niente da toccarsi per scaramanzia,
ogni alpinista lo sa e ci pensa. Ognuno pensa che potrebbe toccare a lui
domani, che si è salvato una, due dieci volte ma potrebbe non essere
sempre così. Tra gli alpinisti non c'è pietà, se non per chi rimane a
casa con il dolore del proprio caro che non torna. Lo so, chi non va in
montagna non ci comprende. Ma d'altra parte l'alpinismo è
incomprensibile per sua stessa natura.

Ecco, io vorrei parlare di questo, di quelli che rimangono a casa, vivi, devastati dal dolore, per la perdita di un amico, di un compagno o di qualcuno con cui sono stati condivisi tanti momenti fatti di vita vera. E neppure perdita, o morte di questi, ma anche solo incidenti, dove sai che chi ha subito l'incidente rimarrà segnato molto più di te. E allora come si convive con tutto questo? Tu, l'altro. Come si convive con il dolore? Si convive pensando che "caduto dal cavallo risali in sella"? E così che si fa? Mi piacerebbe ascoltare le vostre esperienze.



l'anno scorso ho perso due Amici 39 e 40 anni ad entrambi gli si è fermato il cuore.
uno a distanza di sei mesi dall'altro... si, si continua ad andare avanti, nonostate tutto.
del resto la vita è fatta pure di morte. frase scontata lo so, ma è la sacrosanta verità
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Messaggio  LucaVi Gio Mar 29, 2012 9:24 pm

Ho un amico con cui sono andato in montagna per tanti e tanti anni, fin da bambini. Uno dei pochi da me preferiti in questa attività. Per il tipo di itinerari che facevamo, si andava ognuno con i suoi passi e i suoi pensieri. Ci si dava un occhio giusto alla svolta di un versante, per vedere se l'altro arrivava. Ci si riuniva nei tratti pià rognosi, magari tirando fuori la corda. E si faceva festa in cima e al ritorno.
Ora, mi piace andare in montagna con Claudia, perché è un'altra persona che non ama stare attaccati a ogni passo.
Quel mio amico si è sposato molto prima di me. Ha fatto presto due figli. E ci tenevamo caro almeno un giro di due o tre giorni all'anno, tutto nostro, a settembre.
L'ultimo, in Marmarole.
In quell'occasione, sua moglie mi telefonò di nascosto da lui e mi disse: "Guarda che XXX ha due figlii e se succede qualcosa a lui la colpa è tua".
Non ho detto nulla al mio amico nell'occasione e mai gliel'ho confidato. Perché tra moglie e marito... E perché non volevo scoppiasse un pandemonio.
Anche se mi giravano le palle!
Ma non gli ho più proposto uscite in montagna, ho lasciato decantare le sue di proposte, finché siamo invecchiati e i nostri reciproci accciacchi ci hanno tenuti entrambi buoni buoni.

Da quando è nata mia figlia, mi sono accorto che vado a 10 km in meno di velocità in macchina.

E di Enzolino, che mi ha scosso e ci ha scosso alquanto, penso soprattutto alla sua compagna e a suo figlio di 2 anni. Qualcuno l'ha già detto: non ricorderà nulla di suo padre e Lorenzo non ci sarà quando avrà bisogno di lui...

Sono contraddizioni, ma siamo uomini, necessariamente vulnerabili e imperfetti.
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Messaggio  MauMau Gio Mar 29, 2012 9:55 pm

yo ha scritto:
Grazie per i vostri commenti.
Maurizio leggerò senz'altro il libro che mi hai suggerito. Leggere la Montagna dal punto di vista di una donna mi ha sempre affascinato, trovo che negli occhi di una donna la Montagna sia vista in maniera meno austera.

è questo. se non lo trovi cerco in libreria e vedo di fartelo avere, ma ho paura di averlo lasciato su un comodino di Calgary, in Canada e di non averlo più ricomprato No

http://www.alpinia.net/editoria/recensioni/rec_scheda.php?id=990
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Messaggio  yo Gio Mar 29, 2012 10:34 pm

Maurizio, avevo controllato il titolo Smile , vedrò di trovarlo altrimenti ti mando mp

state sereni.
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Messaggio  Giò Ven Mar 30, 2012 8:20 am

il libro di cui parla Mau è molto bello...

una di queste sere, dopo una proiezione sull'attività alpinistica di un alpinista ticinese morto questa estate, Giovanni Quirici, siamo rimasti a parlare con la mamma...

non si fa troppo domande sul perchè il figlio non ci sia più, nei suoi occhi ci sono profonda tristezza e dolore per la mancanza di un figlio, per non poter più condividere con lui la vita futura

è alla ricerca di pensieri, situazioni vissute con persone che han condiviso con lui momenti di vita fuori famiglia, per conoscere il 'Giovanni non figlio'
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Messaggio  SenzaImbrago Ven Mar 30, 2012 9:04 am

Buzz ha scritto:Discuto spesso, con la mia compagna, di questo problema. Lei ritiene che quando si hanno figli non si abbia diritto di rischiare la vita.
Si, certo, la vita è a rischio in ogni cosa che facciamo. Usciamo di casa e possiamo essere investiti da un ubriaco che sbanda, o da un cornicione che si rompe. Per non parlare delle malattie.

Lei dice, ma è innegabile che fare alpinismo accresce il rischio.

Io rispondo, si, ma anche fumare, mangiare male, bere. Allora come la mettiamo?
Ogni cosa che facciamo, nella vita, è un consumare il nostro corpo e un avvicinarsi alla sua ineludibile fine. Dove sta il confine fra giusto e sbagliato, nella quantità?

Lei va in moto. Andare in moto non è, statisticamente, un accrescere il proprio margine di rischio? Solo nella zona di Roma muoiono per incidenti di moto una media di 3 persone al giorno. Incredibile eh?! Eppure è così.

Statisticamente la categoria più a rischio nelle casistiche del soccorso alpino mi pare siano i cercatori di funghi. E non quantitativamente, ma percentualmente. Ovvero incidenti per numero di praticanti.

Non si può fare il discorso che l'alpinismo è un'attività inutile. Anche andare in moto per diletto lo è. Anche andare in bici per tenersi in forma. Anche andare a funghi. Non si va certo a funghi per procurarsi il cibo necessario alla propria sopravvivenza.

Eppure l'alpinista che perde la vita in montagna viene anche colpevolizzato post mortem, se aveva figli o una compagna. E invece, stranamente, se aveva solo una madre o un padre o dei fratelli, no?

La vita di un genitore può essere distrutta, dalla morte di un figlio. Non è naturale, sopravvivere ai propri figli, si dice.
Eppure, abbastanza superficialmente, un giovane senza figli è considerato solo, e quindi libero di decidere della sua vita.

Non è così, ovviamente, e non è così mai. Non siamo mai soli del tutto. Lasciamo sempre, anche i peggiori fra noi, qualcuno a piangerci.

Quando è nata mia figlia ricordo di aver provato, nei primi tempi, una notevole contrazione della mia sensazione di libertà di muovermi in montagna. Prima semplicemente non ci pensavo, alle potenziali conseguenze sugli altri di un incidente occorso a me. Da quel momento ho iniziato a pensarci, mi vedevo mia figlia che cresceva e chiedeva perché lei non aveva un padre. L'immagine mentale era insostenibile. Mi condizionava in tutto quello che facevo.

Poi però mi sono abituato. Gli uomini si abituano a tutto.
Piano piano ho imparato a convivere con questa nuova condizione di padre. Sono tornato a non pensare più, se non a freddo, alle conseguenze di un incidente. Allora ho fatto un'assicurazione: almeno quello, ho pensato.

Negli anni poi, le condizioni psicologiche degli individui variano. La condizione di padre può anche passare in secondo piano di fronte a certe traversie della vita. Se sei fortunato e tuo figlio non necessita di particolari attenzioni ovviamente, ovvero se non richiama su di sé tutte le tue energie. Altrimenti, credo, tutto passerebbe in secondo, in terzo piano.
E così, la vita riprende a scorrere e si riaffacciano prepotenti altre necessità.
Possiamo anche chiamarle egoiste, nel senso che sono necessità che abbiamo per noi stessi. Ma è un egoismo sano e utile, credo. A meno che non si voglia, come in certe mistiche orientali, spogliarsi totalmente dalle passioni, dal superfluo, dalla vanità.

Le passioni, come l'alpinismo, ci fanno rivolgere un occhio verso noi stessi. Possono anche riempire il nostro ego delle necessità dell'apparire, colmano degli squilibri, placano delle inquietudini. Ma come possiamo essere perfetti?

Chi è il genitore perfetto? Io credo che dovrebbe essere una persona serena, pienamente consapevole di se stesso, totalmente scevra di passioni, realizzato e privo di frustrazioni, ambizioni, rimorsi, rancori.
Perché queste sono tutte cose che senza rendercene conto rovesciamo sui nostri figli. E li condizioniamo per la vita. Li costruiamo.

Esiste?
Nemmeno per sogno.

Il destino, questa forza cieca e bruta, non esiste nella morte di un alpinista solo nell'attimo in cui cade il seracco.
Esiste fittamente intrecciato nelle vite, sua e di quelli che ha attorno. Se non fosse stato l'uomo che era, l'alpinista, con le sue passioni, le sue inquietudini, i suoi sogni, le sue ambizioni... non avrebbe attirato a sé quella donna che poi gli ha dato un figlio.
Quel figlio è figlio di quel destino, di quelle passioni.
Come quell'alpinista è figlio di genitori che, in un modo o nell'altro, sono stati determinanti, nel formare quell'individuo che cerca in montagna... qualcosa.

Non si può sfuggire alle proprie responsabilità, si dice. E si colpevolizza con questo chi sembra abbia abbandonato il proprio posto accanto a una compagna, crescendo un figlio, per inseguire un sogno.

Ma non si può nemmeno sfuggire al proprio destino. Se la tua vita era stata costruita per inseguire quel sogno.



Proprio per tutto ciò che dici se esistesse un'alpinista sereno non dovrebbe avere figli...



Ma non fraintendermi, io non sono un miope detrattore della gioia di vivere.



I figli delineano con saggezza una faccia dell'inquietudine che ci portiamo dentro e lo fanno, loro malgrado, nella maniera più incredibile e immanente che si possa immaginare, amandoci gratuitamente ed incondizionatamente.



Ciò non toglie che le pulsioni ancestrali ed egoiste che animano il nostro agire, abbiano spesso il sopravvento sull'inefficacia esistenziale dell'accontentarsi: visto in altra e più pertinente maniera, si potrebbe dire dello stare a casa.



Migliori e più capaci siamo, più grandi e forti saranno le tensioni, consapevoli e non (ma non per noi che le viviamo) che generano il nostro fare alpinismo o altro che sia.



L’equilibrio è evanescente e riconosce se stesso solo nell’attimo fugace e straziante della separazione senza ritorno.



Condannati a vivere per evitare di non vivere esistendo, costruiamo la nostra corazza con l’indifferenza e l'occlusione del senso di colpa.



Purtroppo, più di altri, i bambini hanno quel magnifico potere di far scricchiolare l’impalcatura dell’inganno.



Per fortuna, spesso, riconoscendo la struttura che scricchiola, ci fermiamo, anche solo per un istante, e riusciamo a cogliere quel sorriso che dal basso attende riscontro.



Lasciamo dei segni inconsapevoli.



Su questi si costruiscono le vite e i ricordi.
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Messaggio  Ospite Ven Mar 30, 2012 12:32 pm

SenzaImbrago ha scritto:. . . .
Proprio per tutto ciò che dici se esistesse un'alpinista sereno non dovrebbe avere figli.... . . .

Questa frase m' ha colpito. E francamente, io sarei intento di invertirla:
SOLO l' alpinista serena/o dovrebbe avere figli.

Mi ricordo l' incidente mortale di sodo sul versante svizzero dell' Aiguille d' Argentiere e sembrava, a me, che quello in qualche modo oltre alla disgrazia era anche frutto della frenesia . . . (?)
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Messaggio  Beldar Ven Mar 30, 2012 12:53 pm

ma poi siamo così diversi da altri, da metterci a fare sti discorsi sull'opportunità o meno di avere dei figli ??
Ma crediamo davvero , nel bene e nel male, di essere così speciali ?
Il discorso per me è diverso: qualcuno ha già fatto notare i rischi conessi ad attività "normali", come la guida .
La nostra unica differenza per me è esattamente qui: noi siamo disposti a correre dei rischi per delle attività, che in una società di polli in batteria il cui motto è "culo al caldo e non rischiare, MAI", sono ormai viste come robe da fuori di testa, da mezzi matti, da sociopatici, oppure mitizzate e fini di guadagno e sponsorship varie, da chi ci riesce; si oscilla scleroticamente tra questi due eccessi...
E non mi interessa neppure stare qui a dibattere sulla "normalità" di quello che faccio, sulla "quantità" di rischi che si possono correre, sul come limitarli, perchè sono discorsi sulle "condizioni al contorno" del problema, non vanno al nocciolo.
Anche a me è capitato mi arrivasse la telefonata che non avrei mai voluto ricevere, di un mio amico fraterno che era morto in montagna, e ci ho messo dei mesi, degli anni, a metabolizzare la cosa, e quando a volte se ne riparla tra amici, dico due parole, e mi tiro da una parte con un magone così...
Ma era la sua vita, era quello che in certi momenti lo TENEVA in vita, a dispetto di una situazione personale, familiare, lavorativa spesso al limite del collasso; e chiunque abbia potuto dire DAVVERO di aver conosciuto quella persona, sa che i momenti di intensa felicità e appagamento che viveva in montagna, erano una parte fondamentale della sua vita, e questo in un certo modo, se non bilancia, non è possibile che accada, almeno attenua per me il dolore di una scomparsa.
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Messaggio  MauMau Ven Mar 30, 2012 12:59 pm

Giò ha scritto:il libro di cui parla Mau è molto bello...

una di queste sere, dopo una proiezione sull'attività alpinistica di un alpinista ticinese morto questa estate, Giovanni Quirici, siamo rimasti a parlare con la mamma...

non si fa troppo domande sul perchè il figlio non ci sia più, nei suoi occhi ci sono profonda tristezza e dolore per la mancanza di un figlio, per non poter più condividere con lui la vita futura

è alla ricerca di pensieri, situazioni vissute con persone che han condiviso con lui momenti di vita fuori famiglia, per conoscere il 'Giovanni non figlio'

anche per Giovanni mi è spiaciuto molto. Oltre che molto forte era una bella persona, anche se molto riservato. Ci eravamo sentiti da poco. Tra l'altro è morto sulla via di cui ho parlato nel racconto di Enzolino. Veramente sfortunato Crying or Very sad
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Messaggio  flaviop Dom Apr 01, 2012 11:58 am

Come molti ho perso parecchi amici in montagna, uno in particolare, una delle poche volte che non era con me.
La cosa che mi è rimasta dentro è stata la moglie" se era con te non sarebbe successo" eppure la domenica dopo ero ancora ad arrampicare, cmq pensando, è caduto perche ha sbagliato.
Fino quando si è in "attivita" non ci si accorge di certe cose e comportamenti, ho avuto uno stop di parecchi anni e li ho visto il pericolo di cose ritenute normali..i tiri in conserva, le discese slegati, cose che si son sempre fatte.... certo se fai una via di 6 scendere un 3 cosè....
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Messaggio  Roberto Dom Apr 01, 2012 12:47 pm

Noi alpinisti ci sentiamo un po speciali, il fatto di sentirsi così in alto, esposti al pericolo, a volte ci rende un poco presuntuosi. Io stesso, quando sto in parete ho l' impressione di essere diverso dai comuni bipedi che camminano sul sentiero, sotto di me e quando un compagno di cordata muore pare un valoroso eroe della montagna che con sprezzo del pericolo ha rischiato ed un giorno è caduto. Certo, il rischio vero c' è, a me è accaduto più di una volta di sperimentare quanto sia pericoloso, ma è anche vero che il più delle volte è la sensazione di vulnerabilità la molla che ci porta in parete. Proprio questo sentirsi in pericolo ci da il gusto di vivere, ci fa sentire vivi fino in fondo. Nella realtà la pelle la rischiamo ad ogni angolo di vita, sulla strada, sul lavoro, per la salute, ma in montagna abbiamo la percezione dell' enorme incalcolabile valore di questa vita, il pericolo, spesso più virtuale che reale, ci da la misura di quanto siamo vivi.
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Messaggio  AndreaVe Dom Apr 01, 2012 5:23 pm

yo ha scritto:Maurizio, avevo controllato il titolo Smile , vedrò di trovarlo altrimenti ti mando mp

state sereni.
Non più di un anno fa l'ho comprato in questa edizione del CDA
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Davvero un bel libro.

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Messaggio  gug Mar Apr 03, 2012 8:37 am

Buzz ha scritto:Discuto spesso, con la mia compagna, di questo problema. Lei ritiene che quando si hanno figli non si abbia diritto di rischiare la vita.
Si, certo, la vita è a rischio in ogni cosa che facciamo. Usciamo di casa e possiamo essere investiti da un ubriaco che sbanda, o da un cornicione che si rompe. Per non parlare delle malattie.

Lei dice, ma è innegabile che fare alpinismo accresce il rischio.

Io rispondo, si, ma anche fumare, mangiare male, bere. Allora come la mettiamo?
Ogni cosa che facciamo, nella vita, è un consumare il nostro corpo e un avvicinarsi alla sua ineludibile fine. Dove sta il confine fra giusto e sbagliato, nella quantità?



E' un argomento sempre dibattuto e sempre interessante che mi lascia sempre dubbioso: è vero quello che dici, ma è anche vero che ci sono terreni e situazioni dove abbondano i pericoli oggettivi, spesso imprevedibili, che assomigliano molto a roulette russe dove il discorso che fai cade un pò.

Per completare il paragone direi che andare in moto aumenta il rischio, ma nessuno penserebbe di vietarlo a un genitore, però fare gare clandestine con la moto è un altro paio di maniche
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Messaggio  MauMau Mar Apr 03, 2012 8:55 am

AndreaVe ha scritto:
yo ha scritto:Maurizio, avevo controllato il titolo Smile , vedrò di trovarlo altrimenti ti mando mp

state sereni.
Non più di un anno fa l'ho comprato in questa edizione del CDA
Per chi ritorna a casa - Pagina 2 La_via_del_drago_pic

Davvero un bel libro.


anche io avevo questa edizione ma pensavo fosse esaurita. Hanno fatto quella nuova
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Messaggio  buzz Mar Apr 03, 2012 9:11 am

gug ha scritto:
Buzz ha scritto:Discuto spesso, con la mia compagna, di questo problema. Lei ritiene che quando si hanno figli non si abbia diritto di rischiare la vita.
Si, certo, la vita è a rischio in ogni cosa che facciamo. Usciamo di casa e possiamo essere investiti da un ubriaco che sbanda, o da un cornicione che si rompe. Per non parlare delle malattie.

Lei dice, ma è innegabile che fare alpinismo accresce il rischio.

Io rispondo, si, ma anche fumare, mangiare male, bere. Allora come la mettiamo?
Ogni cosa che facciamo, nella vita, è un consumare il nostro corpo e un avvicinarsi alla sua ineludibile fine. Dove sta il confine fra giusto e sbagliato, nella quantità?



E' un argomento sempre dibattuto e sempre interessante che mi lascia sempre dubbioso: è vero quello che dici, ma è anche vero che ci sono terreni e situazioni dove abbondano i pericoli oggettivi, spesso imprevedibili, che assomigliano molto a roulette russe dove il discorso che fai cade un pò.

Per completare il paragone direi che andare in moto aumenta il rischio, ma nessuno penserebbe di vietarlo a un genitore, però fare gare clandestine con la moto è un altro paio di maniche

D'accordo Gug.
E' chiaro che non sto paragonando l'andare a fare il giretto in moto con tutte le attività possibili in ambito alpinistico.
Teniamo i giusti termini di paragone.

Il fatto è che di fronte ad un'attività i cui margini di rischio possono variare enormente, vista dal di fuori, non sapendone nulla, si tende a schiacciare il tutto verso l'estremo.

Per me, andare ad arrampicare in falesia, significa calcolare alcuni rischi:
- caduta sassi dall'alto
- stato delle protezioni
- affidabilità della roccia
- lunghezza del tratto senza protezioni ed eventuali rischi in caso di cadute
- integrità dei materiali
- distrazioni, mie o dell'assicuratore

parlando di pericolo di morte (non di abrasioni o distorsioni) abbiamo:

la caduta sassi in alcune falesie non esiste come problema = rischio 0 (ma in alcune falesie il rischio può esistere, eccome)
lo stato delle protezioni può essere perfetto = rischio 0
la roccia è salda, ottima senza scaglie o massi pericolanti = rischio 0
distanza dalle protezioni = rischio 0
integrità dei materiali (qui entriamo nel campo dell'imponderabile: se proprio a me è capitata la corda fallata - cosa che non ho mai sentito - stiamo a livello del fulmine che ti colpisce sulla spiaggia) = rischio ... non so, fai te ma direi 0
distrazioni... ecco, qui la forbice si allarga, perché, lo sappiamo bene, il vero problema in falesia che ti fa rischiare l'incidente grave è la distrazione, tua (non ti fai il nodo) o dell'assicuratore (non si accorge che la corda è finita). rischio... boh. 0 se ci metti la testa, alto se sei rincoglionito.
ma questo vale per tutte le cose della vita, no?

voglio dire: andare ad arrampicare in falesia, facendo delle scelte minimamente oculate e mantenendo un minimo accettabile grado di concentrazione (per questo, ad esempio, cerco di evitare le falesie troppo affollate dove gli stimoli a distrarsi sono alti) è un'attività SICURA.

Però, visto dall'esterno, da chi non sa nulla, sono lo stesso un pazzo incosciente. Uno che ama l'estremo. Uno che, se per l'inponderabile caso del destino accadesse un incidente, se l'è cercata.

Nell'alpinismo, aumentano sicuramente i pericoli oggettivi. La caduta sassi, ad esempio. Lo stato della roccia. La distanza e la tenuta delle protezioni. Per contro diminuisce a meno che non sei un professionista in saturazione, il rischio di distrazione.
Il rischio d'incidente che provochi traumi peggiori di un'abrasione o una distorsione è comunque notevolmente aumentato.

Però fra il rischio morte e il rischio trauma c'è comunque una differenza.

Poi ci sono cose dove il rischio morte è ancora maggiore. Alcune attività su neve e ghiaccio ad esempio.

Insomma: ci sono livelli diversi di assunzione consapevole di rischio, all'interno di ogni attività.
A guardare dal di fuori è sempre difficile giudicare: si tende a schiacciare.
Come per chi non scala lo scalatore rischia senza se e senza ma, così per chi scala a bassi livelli chi scala slegato rischia senza se e senza ma.
E non è vero.

Tu fai l'esempio delle moto, del giretto tranquillo e delle corse clandestine. Sono d'accordo, c'è differenza.
Ma tutto il discorso sopra è per dirti che nell'alpinismo è la stessa cosa.

Mi meraviglio che tu, alpinista, non te ne renda conto.


Ultima modifica di Buzz il Mar Apr 03, 2012 9:12 am - modificato 1 volta.
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Messaggio  floc Mar Apr 03, 2012 9:12 am

AndreaVe ha scritto:
yo ha scritto:Maurizio, avevo controllato il titolo Smile , vedrò di trovarlo altrimenti ti mando mp

state sereni.
Non più di un anno fa l'ho comprato in questa edizione del CDA
Per chi ritorna a casa - Pagina 2 La_via_del_drago_pic

Davvero un bel libro.


l'ho letto anche io.. lei è tenerissima!!! Smile
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Messaggio  gug Mar Apr 03, 2012 10:51 am

Buzz ha scritto:
gug ha scritto:
Buzz ha scritto:Discuto spesso, con la mia compagna, di questo problema. Lei ritiene che quando si hanno figli non si abbia diritto di rischiare la vita.
Si, certo, la vita è a rischio in ogni cosa che facciamo. Usciamo di casa e possiamo essere investiti da un ubriaco che sbanda, o da un cornicione che si rompe. Per non parlare delle malattie.

Lei dice, ma è innegabile che fare alpinismo accresce il rischio.

Io rispondo, si, ma anche fumare, mangiare male, bere. Allora come la mettiamo?
Ogni cosa che facciamo, nella vita, è un consumare il nostro corpo e un avvicinarsi alla sua ineludibile fine. Dove sta il confine fra giusto e sbagliato, nella quantità?



E' un argomento sempre dibattuto e sempre interessante che mi lascia sempre dubbioso: è vero quello che dici, ma è anche vero che ci sono terreni e situazioni dove abbondano i pericoli oggettivi, spesso imprevedibili, che assomigliano molto a roulette russe dove il discorso che fai cade un pò.

Per completare il paragone direi che andare in moto aumenta il rischio, ma nessuno penserebbe di vietarlo a un genitore, però fare gare clandestine con la moto è un altro paio di maniche

D'accordo Gug.
E' chiaro che non sto paragonando l'andare a fare il giretto in moto con tutte le attività possibili in ambito alpinistico.
Teniamo i giusti termini di paragone.

Il fatto è che di fronte ad un'attività i cui margini di rischio possono variare enormente, vista dal di fuori, non sapendone nulla, si tende a schiacciare il tutto verso l'estremo.

Per me, andare ad arrampicare in falesia, significa calcolare alcuni rischi:
- caduta sassi dall'alto
- stato delle protezioni
- affidabilità della roccia
- lunghezza del tratto senza protezioni ed eventuali rischi in caso di cadute
- integrità dei materiali
- distrazioni, mie o dell'assicuratore

parlando di pericolo di morte (non di abrasioni o distorsioni) abbiamo:

la caduta sassi in alcune falesie non esiste come problema = rischio 0 (ma in alcune falesie il rischio può esistere, eccome)
lo stato delle protezioni può essere perfetto = rischio 0
la roccia è salda, ottima senza scaglie o massi pericolanti = rischio 0
distanza dalle protezioni = rischio 0
integrità dei materiali (qui entriamo nel campo dell'imponderabile: se proprio a me è capitata la corda fallata - cosa che non ho mai sentito - stiamo a livello del fulmine che ti colpisce sulla spiaggia) = rischio ... non so, fai te ma direi 0
distrazioni... ecco, qui la forbice si allarga, perché, lo sappiamo bene, il vero problema in falesia che ti fa rischiare l'incidente grave è la distrazione, tua (non ti fai il nodo) o dell'assicuratore (non si accorge che la corda è finita). rischio... boh. 0 se ci metti la testa, alto se sei rincoglionito.
ma questo vale per tutte le cose della vita, no?

voglio dire: andare ad arrampicare in falesia, facendo delle scelte minimamente oculate e mantenendo un minimo accettabile grado di concentrazione (per questo, ad esempio, cerco di evitare le falesie troppo affollate dove gli stimoli a distrarsi sono alti) è un'attività SICURA.

Però, visto dall'esterno, da chi non sa nulla, sono lo stesso un pazzo incosciente. Uno che ama l'estremo. Uno che, se per l'inponderabile caso del destino accadesse un incidente, se l'è cercata.

Nell'alpinismo, aumentano sicuramente i pericoli oggettivi. La caduta sassi, ad esempio. Lo stato della roccia. La distanza e la tenuta delle protezioni. Per contro diminuisce a meno che non sei un professionista in saturazione, il rischio di distrazione.
Il rischio d'incidente che provochi traumi peggiori di un'abrasione o una distorsione è comunque notevolmente aumentato.

Però fra il rischio morte e il rischio trauma c'è comunque una differenza.

Poi ci sono cose dove il rischio morte è ancora maggiore. Alcune attività su neve e ghiaccio ad esempio.

Insomma: ci sono livelli diversi di assunzione consapevole di rischio, all'interno di ogni attività.
A guardare dal di fuori è sempre difficile giudicare: si tende a schiacciare.
Come per chi non scala lo scalatore rischia senza se e senza ma, così per chi scala a bassi livelli chi scala slegato rischia senza se e senza ma.
E non è vero.

Tu fai l'esempio delle moto, del giretto tranquillo e delle corse clandestine. Sono d'accordo, c'è differenza.
Ma tutto il discorso sopra è per dirti che nell'alpinismo è la stessa cosa.

Mi meraviglio che tu, alpinista, non te ne renda conto.

Forse mi sono spiegato male: me ne rendo conto perfetamente e infatti faccio alpinismo e arrampico e pur avendo due bambine non ci trovo contraddizioni e penso che questo valga per la maggior parte di noi. La probabilità che io metta a rischio la vita in una di queste attività, secondo me è pari a quella che ho di farlo andando in auto.

Però ci sono attività molto diverse, in cui il rischio è di ordini di grandezza più elevato, e lì non mi sento di dire la stessa cosa: alpinismo su roccia in apertura, scialpinismo, alpinismo invernale su molte vie (purtroppo per noi di estrema attualità e dolore). Lì si assumono dei rischi molto più elevati e forse il dubbio se sia giusto farlo avendo dei bambini a cui provvedere è molto più fondato: Roberto lo ha sempre espresso magistralmente nei suoi racconti e, francamente, non so cosa concludere, ma il dubbio mi rimane.
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Messaggio  Admin Mar Apr 03, 2012 11:05 am

ok, ci siamo capiti. Very Happy
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Messaggio  biemme Mar Apr 03, 2012 1:44 pm

yo ha scritto:Maurizio, avevo controllato il titolo Smile , vedrò di trovarlo altrimenti ti mando mp

state sereni.

ciao yo

quando l'avrai trovato, e magari letto, fammi sapere che ne pensi Wink

anna è un'amica x la quale troverei riduttivo ogni aggettivo ... una persona davvero speciale Wink Very Happy

ah se lo trovi, ha scritto anche quest'altro :
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Messaggio  yo Mar Apr 03, 2012 3:05 pm

biemme ha scritto:
ciao yo

quando l'avrai trovato, e magari letto, fammi sapere che ne pensi Wink

anna è un'amica x la quale troverei riduttivo ogni aggettivo ... una persona davvero speciale Wink Very Happy

l'ho ordinato
l'edizione e il libro qui
http://www.amazon.it/via-drago-storia-damore-Licheni/dp/8874801238

Non sapevo che qualcuno qui dentro la conoscesse, di solito gli Alpinisti sembrano così "lontani", sembra che vivano in mondi paralleli, frutto di sogni, di letture su libri.
Ma esistete veramente? Shocked
Scherzi a parte, lo leggerò e non mancherò di farmi viva.

Buzz ha scritto:
Però, visto dall'esterno, da chi non sa nulla, sono lo stesso un
pazzo incosciente. Uno che ama l'estremo. Uno che, se per
l'inponderabile caso del destino accadesse un incidente, se l'è cercata.

Qualcuno dice "chi ama il pericolo perirà in esso"
Se poi si vanno a guardare le statistiche sono molti di più i morti ammazzati sulle striscie pedonali.
yo
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