Mi fa male il mondo
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Mi fa male il mondo
"Mi fa male in mondo".
Mi rendo conto che c' è a chi fa molto più male, ma non serve a nulla cercare conforto nelle sventure degli altri, il proprio mondo fa male a se stessi e spesso la sofferenza non si sopporta proprio. C' è chi reagisce, chi si seppellisce nel dolore, chi va avanti e dissimula, chi invece racconta sfoga il dolore. Il risultato è sempre lo stesso, pochi attimi di sollievo dovuti ad attività che fanno dimenticare ed il resto della vita a soffrire.
Mi fa male il mondo, amazza se mi fa male.
Solo quando mi sto cagando sotto in parete - come domenica su "l' Isola non trovata" - le endorfine annullano tutto e resta solo il piacere di sentirsi in bilico sulla vita, padroni di se stessi, arbitri dei propri errori. Ma poi arrivi in vetta, scendi e il mondo riprende a far male.
https://www.youtube.com/watch?v=MEPVfva_zJY
Mi rendo conto che c' è a chi fa molto più male, ma non serve a nulla cercare conforto nelle sventure degli altri, il proprio mondo fa male a se stessi e spesso la sofferenza non si sopporta proprio. C' è chi reagisce, chi si seppellisce nel dolore, chi va avanti e dissimula, chi invece racconta sfoga il dolore. Il risultato è sempre lo stesso, pochi attimi di sollievo dovuti ad attività che fanno dimenticare ed il resto della vita a soffrire.
Mi fa male il mondo, amazza se mi fa male.
Solo quando mi sto cagando sotto in parete - come domenica su "l' Isola non trovata" - le endorfine annullano tutto e resta solo il piacere di sentirsi in bilico sulla vita, padroni di se stessi, arbitri dei propri errori. Ma poi arrivi in vetta, scendi e il mondo riprende a far male.
https://www.youtube.com/watch?v=MEPVfva_zJY
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Mi fa male il mondo :: Commenti
Re: Mi fa male il mondo
Roberto ha scritto:"Mi fa male in mondo".
Mi rendo conto che c' è a chi fa molto più male, ma non serve a nulla cercare conforto nelle sventure degli altri, il proprio mondo fa male a se stessi e spesso la sofferenza non si sopporta proprio. C' è chi reagisce, chi si seppellisce nel dolore, chi va avanti e dissimula, chi invece racconta sfoga il dolore. Il risultato è sempre lo stesso, pochi attimi di sollievo dovuti ad attività che fanno dimenticare ed il resto della vita a soffrire.
Mi fa male il mondo, amazza se mi fa male.
Solo quando mi sto cagando sotto in parete - come domenica su "l' Isola non trovata" - le endorfine annullano tutto e resta solo il piacere di sentirsi in bilico sulla vita, padroni di se stessi, arbitri dei propri errori. Ma poi arrivi in vetta, scendi e il mondo riprende a far male.
https://www.youtube.com/watch?v=MEPVfva_zJY
odddio come ti capisco...
A me Gaber sta anche un po' antipatico, ma mi sono gustato tutto il video. Bravo! E grazie a Roberto.
Roberto ha scritto:"Mi fa male in mondo".
Mi rendo conto che c' è a chi fa molto più male, ma non serve a nulla cercare conforto nelle sventure degli altri, il proprio mondo fa male a se stessi e spesso la sofferenza non si sopporta proprio. C' è chi reagisce, chi si seppellisce nel dolore, chi va avanti e dissimula, chi invece racconta sfoga il dolore. Il risultato è sempre lo stesso, pochi attimi di sollievo dovuti ad attività che fanno dimenticare ed il resto della vita a soffrire.
Mi fa male il mondo, amazza se mi fa male.
Solo quando mi sto cagando sotto in parete - come domenica su "l' Isola non trovata" - le endorfine annullano tutto e resta solo il piacere di sentirsi in bilico sulla vita, padroni di se stessi, arbitri dei propri errori. Ma poi arrivi in vetta, scendi e il mondo riprende a far male.
https://www.youtube.com/watch?v=MEPVfva_zJY
a volte mi sento un ingrata ma è proprio così...
penso che se x qualsiasi motivo dovessi smettere di arrampicare dovrei trovarmi di corsa uno psicologo (ma di quelli bravi!! )
ultimamente mi è capitato di leggere qua e là commenti del genere.
sul fatto che l'arrampicare sia un lenitivo per un disagio interiore.
così mi chiedo: è solo un modo per evitare di pensare e di guardarsi, e quindi un palliativo comodo ma in fondo inutile se non a posticipare le ansie, oppure è anche una cura?
è solo droga o anche medicina?
sul fatto che l'arrampicare sia un lenitivo per un disagio interiore.
così mi chiedo: è solo un modo per evitare di pensare e di guardarsi, e quindi un palliativo comodo ma in fondo inutile se non a posticipare le ansie, oppure è anche una cura?
è solo droga o anche medicina?
per me solo droga , se si puo definire cosi
medicina no , son altre le medicine per questi casi
medicina no , son altre le medicine per questi casi
giggio ha scritto:.... è solo un modo per evitare di pensare e di guardarsi, e quindi un palliativo comodo ma in fondo inutile se non a posticipare le ansie, oppure è anche una cura?
è solo droga o anche medicina?
secondo me tutte e due.....
è un modo per prendersi delle oasi di distacco e recuperare le energie per poi affrontare i problemi...
ma è anche un modo per mettere la testa sotto la sabbia.... una fuga...
se dovessi dare delle percentuali la seconda ipotesi ne avrebbe molte di più...
Appunto fabri , non è una medicina curativa se ci sono dei problemi restano li da risolvere.
é uno stacco , uno svago , una rilassamento non una cura.
é uno stacco , uno svago , una rilassamento non una cura.
<< Questa libertà, che si rivela nell'angoscia, può caratterizzarsi con l'esistenza di quel niente che si insinua tra i motivi e l'atto. Non già perché sono libero, il mio atto sfugge alla determinazione dei motivi, ma, al contrario, il carattere inefficiente dei motivi è condizione della mia libertà. E se si domanda qual è questo niente che fonda la libertà, risponderemo che non si può descriverlo perché non è, ma si può almeno indicarne il senso, in quanto questo niente è stato per l'essere umano nei suoi rapporti con se stesso. Corrisponde alla necessità per il motivo di non apparire come motivo altro che come correlazione di una coscienza "di" motivo. In una parola, poiché rinunciamo all'ipotesi dei contenuti di coscienza, dobbiamo riconoscere che non vi sono motivi "nella" coscienza ma solo "per" la coscienza. E per il fatto stesso che il motivo non può sorgere come apparizione, si costituisce da sé come inefficace >>
Adriano ha scritto:Appunto fabri , non è una medicina curativa se ci sono dei problemi restano li da risolvere.
é uno stacco , uno svago , una rilassamento non una cura.
non è una medicina diretta, non cura il poblema.... cura te.... poi sei tu che devi risolvere il problema.....
però ti da quei momenti di distacco, di serenità, di ricarica...chiamali come vuoi.... che ti danno le energie necessarie a concentrarti sul problema, a cercare di risolverlo.
diverso è quando serve a non pensare al problema, ad ignorarlo....ed in genere quando è così è prorpio come una droga perchè quei momenti non ti bastano mai, devono aumentare come frequenza e come intensità.... proprio come una droga.....
ed il problema vero resta lì...
sono veramente due approcci e due momenti molto diversi.... almeno secondo me.... io li ho vissuti tutti e due....
Certo hai ragione , se fatto con soddisfazione è un grande impulso alla propria autostima e questo giova certamente .
Ma bisogna essere puri , affrontare la montagna\ arrampicata ad armi pari senza ricercare scorciatoie e troppe facilitazioni , senza barare perchè poi prima o poi arriva il conto da pagare .......vabbè questa è la mia filosia e magari non ci incastra nulla
Ma bisogna essere puri , affrontare la montagna\ arrampicata ad armi pari senza ricercare scorciatoie e troppe facilitazioni , senza barare perchè poi prima o poi arriva il conto da pagare .......vabbè questa è la mia filosia e magari non ci incastra nulla
male, fa male sempre. Qualcuno la individua pure la frattura, se lo vede il graffio e la sente pulasare la ferita. Altri invece sentono male e basta, senza aver un quadro clinico ben chiaro. E allora? La roba meglio, per dirla come la dicono qui dalle mie parti, xé catar da che parte trarse, ovvero "trovare un proprio rimedio". Però! Che badilata di saggezza!
Comunque, io credo che la montagna -oh, chiedo scusa, la Montagna! - non sia nè cura, nè medicina...e neppure solo svago. Eccheccazzo: fosse così la si potrebbe facilmente rimpiazzare!
Rampegar, no rampegar... fa la differenza.
(ma anche camminare, sciare, spiccozzare e ramponare)
Io credo che sia questione di "carta d'identità". Chi siamo? E chi lo sa, chi se ne fotte pure! Però quando andiamo e siamo dove vogliamo veramente essere ed andare, senza perchè dettati da fattori esterni, allora il "male" di cui stiamo parlando lo capiamo un po' di più, anzi: ci par quasi appropriato. A che? Ma a noi! Alla vita stessa.
Un po' come quando s'è innamorati e belli, quando ogni cosa fila, giusta o sbagliata che sia.
Io ci vedo solo tanta - ma taaaaaaanta! - grazia di esistere ( e no "grazie" d'esistere fasime 'na carità...)
Mmmmm... me sa che la sesta malattia di Emma, altro dono generoso e puntuale del nido, influisce molto su quanto appena scritto...
Comunque, io credo che la montagna -oh, chiedo scusa, la Montagna! - non sia nè cura, nè medicina...e neppure solo svago. Eccheccazzo: fosse così la si potrebbe facilmente rimpiazzare!
Rampegar, no rampegar... fa la differenza.
(ma anche camminare, sciare, spiccozzare e ramponare)
Io credo che sia questione di "carta d'identità". Chi siamo? E chi lo sa, chi se ne fotte pure! Però quando andiamo e siamo dove vogliamo veramente essere ed andare, senza perchè dettati da fattori esterni, allora il "male" di cui stiamo parlando lo capiamo un po' di più, anzi: ci par quasi appropriato. A che? Ma a noi! Alla vita stessa.
Un po' come quando s'è innamorati e belli, quando ogni cosa fila, giusta o sbagliata che sia.
Io ci vedo solo tanta - ma taaaaaaanta! - grazia di esistere ( e no "grazie" d'esistere fasime 'na carità...)
Mmmmm... me sa che la sesta malattia di Emma, altro dono generoso e puntuale del nido, influisce molto su quanto appena scritto...
a volte mi fa male il mondo, e mi fa più male quando fa male a persone a me vicino
e non posso farci nulla, non ci si può far nulla
solo andare avanti con questo "male" ad intermittenza
la montagna?
una cura? una droga? uno svago?
non so, ognuno la può vedere tutto e niente, oppure la può vedere, a volte, come cura o a volte una droga o altre volte solo svago
dipende da noi e dal nostro momento e dalla nostra indole o aspettative, ecc ecc
Al Procinto, domenica, per me non era nulla di tutto questo, per esempio
la giornata in montagna non riusciva ad essere una medicina e nemmeno uno svago
e non ero lì neppure per "droga"
domenica quegli appigli, quegli appoggi, quelle soste, quei tiri non mi distraevano e non mi curavano
i miei movimenti rocciosi erano in compagnia di quell'unico pensiero:
un "pensiero" ad intermittenza pure quello
e non posso farci nulla, non ci si può far nulla
solo andare avanti con questo "male" ad intermittenza
la montagna?
una cura? una droga? uno svago?
non so, ognuno la può vedere tutto e niente, oppure la può vedere, a volte, come cura o a volte una droga o altre volte solo svago
dipende da noi e dal nostro momento e dalla nostra indole o aspettative, ecc ecc
Al Procinto, domenica, per me non era nulla di tutto questo, per esempio
la giornata in montagna non riusciva ad essere una medicina e nemmeno uno svago
e non ero lì neppure per "droga"
domenica quegli appigli, quegli appoggi, quelle soste, quei tiri non mi distraevano e non mi curavano
i miei movimenti rocciosi erano in compagnia di quell'unico pensiero:
un "pensiero" ad intermittenza pure quello
Il mal di mondo credo sia una malessere che solo la morte estingue, è caratteriale, fa parte del modo di essere di ognuno di noi.
C' è chi se ne frega e dimentrica, rimuove facilmente, va avanti per la sua strada e chi ha bisogno di un chiodo lontano per dimenticare.
L' alpinismo aiuta, non cura ma migliora la vita. Riempie quegli spazi che il mal di mondo frattura nell' animo, li colma con sensazioni forti e travolgenti che spesso ti accompagnano oltre la scalata, nei discorsi con gli amici, nel raccontare, nel progettare la prossima, nello scrivere un diario. Insolla, parafrasando Marzullo: l' alpinismo è un sogno, o l' alpinismo aiuta a vivere meglio?
Per me è tutte e due.
Mentre scalo è vita vera, lo percepisco dal fatto che potrei perderla se sbagliassi. La vulnerabilità misura in modo chiaro quanto sono vivo, più rischio più la vita scorre potente nelle mie vene. Dopo, quando ricordo la scalata, mi pare un sogno, sembra quasi inmpossibile che io abbia fatto quei gesti così arditi e spericolati. Ripercorro quegli attimi cosi pieni e questo mi aiuta ritardare la successiva crisi di mal di mondo, che però puntuale torna, costringendomi ad una altra dose di alpinismo.
C' è chi se ne frega e dimentrica, rimuove facilmente, va avanti per la sua strada e chi ha bisogno di un chiodo lontano per dimenticare.
L' alpinismo aiuta, non cura ma migliora la vita. Riempie quegli spazi che il mal di mondo frattura nell' animo, li colma con sensazioni forti e travolgenti che spesso ti accompagnano oltre la scalata, nei discorsi con gli amici, nel raccontare, nel progettare la prossima, nello scrivere un diario. Insolla, parafrasando Marzullo: l' alpinismo è un sogno, o l' alpinismo aiuta a vivere meglio?
Per me è tutte e due.
Mentre scalo è vita vera, lo percepisco dal fatto che potrei perderla se sbagliassi. La vulnerabilità misura in modo chiaro quanto sono vivo, più rischio più la vita scorre potente nelle mie vene. Dopo, quando ricordo la scalata, mi pare un sogno, sembra quasi inmpossibile che io abbia fatto quei gesti così arditi e spericolati. Ripercorro quegli attimi cosi pieni e questo mi aiuta ritardare la successiva crisi di mal di mondo, che però puntuale torna, costringendomi ad una altra dose di alpinismo.
Non e' una battuta: purtroppo l' unica cura al mal di mondo è l' altro mondo !
Sarò eretico ma io tutto sto male di mondo non è che lo sento.
O meglio ... per quanto riguarda me stesso sono in una fase in cui focalizzo sugli aspetti meravilgiosi insiti nel semplice fato di esser vivo e lascio che questi illuminino le ombre che inevitabilmene esitsono nella via di ognuno di noi. Ci sono mille cose che vorrei fare nelle ore in cui sono costretto a stare chiuso nella gabbia di cemento dove mi guadagno da sopravvivere. Ma di fatto qui rimango perché in qualche modo fa comodo anche a me. Quindi mi prendo l'arrampicata, l'alpinismo, la mtb, le alpi e le falesie, lo sci e il trekking e, insieme alle altre cose belle della vita, lascio che mi inebrino anche nei momeni di buio in cui vorrei portarmi la piccozza in ufficio e infilare la becca in un paio di teste .
La vita in realtà è meravigliosa. E l'alpinismo è parte di questa meraviglia. Non è l'antidoto al veleno, la dose di eroismo adrenalinico ... è l'insieme dei lati positivi che rendono la vita degna di essere vissuta. a pieno. fino in fondo.
Come diceva un nutrizionisa che apprezzo molto è la quantità che fa il veleno. E la quantità in questo caso dipende dalla lente di ingrandimento che spesso facciamo sugli eventi della nostra vita. molti di noi per carattere tendono a sottolineare sempre la metà mezza uota del bicchiere. Se iniziassimo anche a valorizzare l'altra metà che spesso diamo per scontata forse il male di mondo ci abbandonerebbe. E anch scendendo dalla vetta ci godremmo le sensazioni del dopo invece di farci ingoiare dal baratro della quotidianità.
Un approccio un po' più buddista (non nel senso religioso del termine) in genere aiuta. Qualcuno mi fece notare tempo fa che: "se puoi farci qualcosa di che ti presoccupi? E se non puoi farci niente di che ti preoccupi?".
Diciamo che in sostanza seno che nel mondo c'è male ma preferisco sentire il bene di mondo e guardare con lucidità e distacco il male cercando modi per intervenirvi fin dove posso e voglio farlo. un po' come un chirurgo oncologico ...
Il bene di mondo è tutto intorno a noi. nello sguardo del compagno di cordata. In quello di un nuovo amico con cui stiamo cotruendo un rapporto. In quello di un figlio che impara a scalare. in quello di un anziano che compie gli anni. Nel cielo terzo di una giornata d'inverno. Nel bramito di un camoscio su un nevaio a fine stagione. In una giornata di frone al fuoco mentre fuori piove. Nell'abbraccio di una donna. E la lista potrebbe continuare ....
Secondo me si tratta solo di essere disposti a guardare altrove rispetto a dove guardiamo di solito ... è la resistenza al cambiamento il più grande nemico della felicità ...
O meglio ... per quanto riguarda me stesso sono in una fase in cui focalizzo sugli aspetti meravilgiosi insiti nel semplice fato di esser vivo e lascio che questi illuminino le ombre che inevitabilmene esitsono nella via di ognuno di noi. Ci sono mille cose che vorrei fare nelle ore in cui sono costretto a stare chiuso nella gabbia di cemento dove mi guadagno da sopravvivere. Ma di fatto qui rimango perché in qualche modo fa comodo anche a me. Quindi mi prendo l'arrampicata, l'alpinismo, la mtb, le alpi e le falesie, lo sci e il trekking e, insieme alle altre cose belle della vita, lascio che mi inebrino anche nei momeni di buio in cui vorrei portarmi la piccozza in ufficio e infilare la becca in un paio di teste .
La vita in realtà è meravigliosa. E l'alpinismo è parte di questa meraviglia. Non è l'antidoto al veleno, la dose di eroismo adrenalinico ... è l'insieme dei lati positivi che rendono la vita degna di essere vissuta. a pieno. fino in fondo.
Come diceva un nutrizionisa che apprezzo molto è la quantità che fa il veleno. E la quantità in questo caso dipende dalla lente di ingrandimento che spesso facciamo sugli eventi della nostra vita. molti di noi per carattere tendono a sottolineare sempre la metà mezza uota del bicchiere. Se iniziassimo anche a valorizzare l'altra metà che spesso diamo per scontata forse il male di mondo ci abbandonerebbe. E anch scendendo dalla vetta ci godremmo le sensazioni del dopo invece di farci ingoiare dal baratro della quotidianità.
Un approccio un po' più buddista (non nel senso religioso del termine) in genere aiuta. Qualcuno mi fece notare tempo fa che: "se puoi farci qualcosa di che ti presoccupi? E se non puoi farci niente di che ti preoccupi?".
Diciamo che in sostanza seno che nel mondo c'è male ma preferisco sentire il bene di mondo e guardare con lucidità e distacco il male cercando modi per intervenirvi fin dove posso e voglio farlo. un po' come un chirurgo oncologico ...
Il bene di mondo è tutto intorno a noi. nello sguardo del compagno di cordata. In quello di un nuovo amico con cui stiamo cotruendo un rapporto. In quello di un figlio che impara a scalare. in quello di un anziano che compie gli anni. Nel cielo terzo di una giornata d'inverno. Nel bramito di un camoscio su un nevaio a fine stagione. In una giornata di frone al fuoco mentre fuori piove. Nell'abbraccio di una donna. E la lista potrebbe continuare ....
Secondo me si tratta solo di essere disposti a guardare altrove rispetto a dove guardiamo di solito ... è la resistenza al cambiamento il più grande nemico della felicità ...
Bell'intervento Tengri, veramente, che mi piacerebbe tanto poter condividere anche se a volte non è proprio così facile avere quell'approccio alla vita che tu dici, "buddista" come hai scritto (semplificando ho forse banalizzato un po').
Personalmente, tutte le volte che ho attraversato momenti meno belli nella vita e ho cercato delle "risposte", delle "soluzioni" ai miei problemi in montagna non le ho mica trovate. Anzi, sono ritornato a casa più avvilito di prima. A volte la montagna è un ambiente così inospitale e freddo, arido e incomunicabile che invece di arricchire in certi periodi non fa altro che risaltare la propria inadeguatezza al mondo. In un ambiente così è impossibile fingere (a se stessi soprattutto), le maschere che portiamo durante il giorno non servono a niente, ci scopriamo talmente liberi da tutte le abitudini e convenzioni da ritrovarci nudi, come davanti ad uno specchio, e questo alle volte se non si è preparati non fa di certo del bene (parlo per me ovviamente). Trasporre le proprie inquietudini, le proprie paure in montagna con me non ha mai funzionato infatti, nell'accezione che si diceva prima della montagna come una possibile cura al male del mondo.
Secondo me è un approccio sbagliato, e mi sento di condividere il pensiero di chi prima di me parlava di una possibile droga, che con il suo effetto stupefacente è in grado di lenire (di mascherare temporaneamente) il dolore.
Anche perchè, una volta tornati a casa, di fronte a esperienze così intense il ritorno alla routine quotidiana può risultare ancora più traumatico, in un crescendo di frustrazione e disagio.
Devo dire che però un, chiamiamola così, effetto-terapia della montagna in certi casi è possibile, almeno per me. Tante volte sono partito da casa, spesso da solo, magari in un momento della vita caratterizzato dalla confusione, dalla stanchezza, dalla delusione per ritrovare il gusto e il piacere delle piccole cose man mano che procedevo verso l'alto, insieme ad un po' di serenità. Non ho mai trovato le risposte che andavo cercando in montagna ma mi sembra ogni volta che ci torno, di imparare come un "metodo" per affrontare al meglio le sfide che mi aspettano al ritorno.
In un certo senso è anche per questo che continuo a frequentarla. E se mi guardo indietro, la montagna è l'unica cosa che mi porto dietro da sempre, attraverso tutte le stagioni della mia vita. Un motivo ci sarà di certo, o no?
ciao!
Personalmente, tutte le volte che ho attraversato momenti meno belli nella vita e ho cercato delle "risposte", delle "soluzioni" ai miei problemi in montagna non le ho mica trovate. Anzi, sono ritornato a casa più avvilito di prima. A volte la montagna è un ambiente così inospitale e freddo, arido e incomunicabile che invece di arricchire in certi periodi non fa altro che risaltare la propria inadeguatezza al mondo. In un ambiente così è impossibile fingere (a se stessi soprattutto), le maschere che portiamo durante il giorno non servono a niente, ci scopriamo talmente liberi da tutte le abitudini e convenzioni da ritrovarci nudi, come davanti ad uno specchio, e questo alle volte se non si è preparati non fa di certo del bene (parlo per me ovviamente). Trasporre le proprie inquietudini, le proprie paure in montagna con me non ha mai funzionato infatti, nell'accezione che si diceva prima della montagna come una possibile cura al male del mondo.
Secondo me è un approccio sbagliato, e mi sento di condividere il pensiero di chi prima di me parlava di una possibile droga, che con il suo effetto stupefacente è in grado di lenire (di mascherare temporaneamente) il dolore.
Anche perchè, una volta tornati a casa, di fronte a esperienze così intense il ritorno alla routine quotidiana può risultare ancora più traumatico, in un crescendo di frustrazione e disagio.
Devo dire che però un, chiamiamola così, effetto-terapia della montagna in certi casi è possibile, almeno per me. Tante volte sono partito da casa, spesso da solo, magari in un momento della vita caratterizzato dalla confusione, dalla stanchezza, dalla delusione per ritrovare il gusto e il piacere delle piccole cose man mano che procedevo verso l'alto, insieme ad un po' di serenità. Non ho mai trovato le risposte che andavo cercando in montagna ma mi sembra ogni volta che ci torno, di imparare come un "metodo" per affrontare al meglio le sfide che mi aspettano al ritorno.
In un certo senso è anche per questo che continuo a frequentarla. E se mi guardo indietro, la montagna è l'unica cosa che mi porto dietro da sempre, attraverso tutte le stagioni della mia vita. Un motivo ci sarà di certo, o no?
ciao!
A me il mondo non fa male, sono io che talvolta mi faccio male da solo mentre aspetto qualche cosa di imprecisato.
E' questa cosa imprecisata che manca, questa cosa ha mille maschere che mal sopporto a seconda dei casi e dei miei umori.
Sono un uomo assolutamente normale: nessuna particolare necessità, qualche sogno nel cassetto e tanti cassetti aperti che una volta erano pieni di sogni ormai evaporati; vuoi perché non li ho saputi trattenere e realizzare o vuoi perché qualcuno mi è stato portato via.
Mi fa male la pastoia che ho ai piedi e in testa, mi spaventa perché mi spaventano i miei limiti; o meglio, mi spaventa l'idea di confrontarmi ancora con loro per constatare che si sono abbassati di un altro tocco.
Ho imparato, senza fare di necessità virtù, che la serenità è fatta di microscopici attimi ai quali occorre fare riferimento.
E' questa cosa imprecisata che manca, questa cosa ha mille maschere che mal sopporto a seconda dei casi e dei miei umori.
Sono un uomo assolutamente normale: nessuna particolare necessità, qualche sogno nel cassetto e tanti cassetti aperti che una volta erano pieni di sogni ormai evaporati; vuoi perché non li ho saputi trattenere e realizzare o vuoi perché qualcuno mi è stato portato via.
Mi fa male la pastoia che ho ai piedi e in testa, mi spaventa perché mi spaventano i miei limiti; o meglio, mi spaventa l'idea di confrontarmi ancora con loro per constatare che si sono abbassati di un altro tocco.
Ho imparato, senza fare di necessità virtù, che la serenità è fatta di microscopici attimi ai quali occorre fare riferimento.
Tengri ha scritto:Sarò eretico ma io tutto sto male di mondo non è che lo sento.
O meglio ... per quanto riguarda me stesso sono in una fase in cui focalizzo sugli aspetti meravilgiosi insiti nel semplice fato di esser vivo e lascio che questi illuminino le ombre che inevitabilmene esitsono nella via di ognuno di noi. Ci sono mille cose che vorrei fare nelle ore in cui sono costretto a stare chiuso nella gabbia di cemento dove mi guadagno da sopravvivere. Ma di fatto qui rimango perché in qualche modo fa comodo anche a me. Quindi mi prendo l'arrampicata, l'alpinismo, la mtb, le alpi e le falesie, lo sci e il trekking e, insieme alle altre cose belle della vita, lascio che mi inebrino anche nei momeni di buio in cui vorrei portarmi la piccozza in ufficio e infilare la becca in un paio di teste .
La vita in realtà è meravigliosa. E l'alpinismo è parte di questa meraviglia. Non è l'antidoto al veleno, la dose di eroismo adrenalinico ... è l'insieme dei lati positivi che rendono la vita degna di essere vissuta. a pieno. fino in fondo.
Come diceva un nutrizionisa che apprezzo molto è la quantità che fa il veleno. E la quantità in questo caso dipende dalla lente di ingrandimento che spesso facciamo sugli eventi della nostra vita. molti di noi per carattere tendono a sottolineare sempre la metà mezza uota del bicchiere. Se iniziassimo anche a valorizzare l'altra metà che spesso diamo per scontata forse il male di mondo ci abbandonerebbe. E anch scendendo dalla vetta ci godremmo le sensazioni del dopo invece di farci ingoiare dal baratro della quotidianità.
Un approccio un po' più buddista (non nel senso religioso del termine) in genere aiuta. Qualcuno mi fece notare tempo fa che: "se puoi farci qualcosa di che ti presoccupi? E se non puoi farci niente di che ti preoccupi?".
Diciamo che in sostanza seno che nel mondo c'è male ma preferisco sentire il bene di mondo e guardare con lucidità e distacco il male cercando modi per intervenirvi fin dove posso e voglio farlo. un po' come un chirurgo oncologico ...
Il bene di mondo è tutto intorno a noi. nello sguardo del compagno di cordata. In quello di un nuovo amico con cui stiamo cotruendo un rapporto. In quello di un figlio che impara a scalare. in quello di un anziano che compie gli anni. Nel cielo terzo di una giornata d'inverno. Nel bramito di un camoscio su un nevaio a fine stagione. In una giornata di frone al fuoco mentre fuori piove. Nell'abbraccio di una donna. E la lista potrebbe continuare ....
Secondo me si tratta solo di essere disposti a guardare altrove rispetto a dove guardiamo di solito ... è la resistenza al cambiamento il più grande nemico della felicità ...
Belle parole tengri mi piace
Suvvia, per la tua orchite cronica? Ce Capitano!Drugo Lebowsky ha scritto:ecco
mi sono cancellato
Boh.
E' da oggi, da quando ho letto il post di Roberto, che cerco di buttar giù due righe sulle mie fughe in montagna. Vere e proprie fughe dal mio mondo fino all'anno scorso.....
Ma non riesco a riordinare le idee.....
Ci riproverò domani....
E' da oggi, da quando ho letto il post di Roberto, che cerco di buttar giù due righe sulle mie fughe in montagna. Vere e proprie fughe dal mio mondo fino all'anno scorso.....
Ma non riesco a riordinare le idee.....
Ci riproverò domani....
si. quello che scrivo assomiglia troppo a un pippozzo sociologico, per cui riassumo da bignami...
in realtà penso da un lato quello che ho scritto sopra, (cit. di sartre) ovvero che l'angoscia sia una condizione ineludibile dell'essere umano, frutto del fallimento di ogni tentativo frustrato di essere dio.
dall'altro che il disadattamento sia prodotto della società moderna, troppo complessa e aldilà delle nostre capacità di comprensione, per cui siamo attratti da attività in cui le cose sono evidenti e semplici, poche regole e immediate.
l'approccio di tengri è quello a cui mi sento più vicino.
ma è una conquista raggiunta faticosamente, uno stato di equilibrio controllato... non una condizione naturale del mio essere.
in realtà penso da un lato quello che ho scritto sopra, (cit. di sartre) ovvero che l'angoscia sia una condizione ineludibile dell'essere umano, frutto del fallimento di ogni tentativo frustrato di essere dio.
dall'altro che il disadattamento sia prodotto della società moderna, troppo complessa e aldilà delle nostre capacità di comprensione, per cui siamo attratti da attività in cui le cose sono evidenti e semplici, poche regole e immediate.
l'approccio di tengri è quello a cui mi sento più vicino.
ma è una conquista raggiunta faticosamente, uno stato di equilibrio controllato... non una condizione naturale del mio essere.
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