Mi fa male il mondo
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Mi fa male il mondo
"Mi fa male in mondo".
Mi rendo conto che c' è a chi fa molto più male, ma non serve a nulla cercare conforto nelle sventure degli altri, il proprio mondo fa male a se stessi e spesso la sofferenza non si sopporta proprio. C' è chi reagisce, chi si seppellisce nel dolore, chi va avanti e dissimula, chi invece racconta sfoga il dolore. Il risultato è sempre lo stesso, pochi attimi di sollievo dovuti ad attività che fanno dimenticare ed il resto della vita a soffrire.
Mi fa male il mondo, amazza se mi fa male.
Solo quando mi sto cagando sotto in parete - come domenica su "l' Isola non trovata" - le endorfine annullano tutto e resta solo il piacere di sentirsi in bilico sulla vita, padroni di se stessi, arbitri dei propri errori. Ma poi arrivi in vetta, scendi e il mondo riprende a far male.
https://www.youtube.com/watch?v=MEPVfva_zJY
Mi rendo conto che c' è a chi fa molto più male, ma non serve a nulla cercare conforto nelle sventure degli altri, il proprio mondo fa male a se stessi e spesso la sofferenza non si sopporta proprio. C' è chi reagisce, chi si seppellisce nel dolore, chi va avanti e dissimula, chi invece racconta sfoga il dolore. Il risultato è sempre lo stesso, pochi attimi di sollievo dovuti ad attività che fanno dimenticare ed il resto della vita a soffrire.
Mi fa male il mondo, amazza se mi fa male.
Solo quando mi sto cagando sotto in parete - come domenica su "l' Isola non trovata" - le endorfine annullano tutto e resta solo il piacere di sentirsi in bilico sulla vita, padroni di se stessi, arbitri dei propri errori. Ma poi arrivi in vetta, scendi e il mondo riprende a far male.
https://www.youtube.com/watch?v=MEPVfva_zJY
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Mi fa male il mondo :: Commenti
Re: Mi fa male il mondo
buzz ha scritto:si. quello che scrivo assomiglia troppo a un pippozzo sociologico, per cui riassumo da bignami...
in realtà penso da un lato quello che ho scritto sopra, (cit. di sartre) ovvero che l'angoscia sia una condizione ineludibile dell'essere umano, frutto del fallimento di ogni tentativo frustrato di essere dio.
dall'altro che il disadattamento sia prodotto della società moderna, troppo complessa e aldilà delle nostre capacità di comprensione, per cui siamo attratti da attività in cui le cose sono evidenti e semplici, poche regole e immediate.
l'approccio di tengri è quello a cui mi sento più vicino.
ma è una conquista raggiunta faticosamente, uno stato di equilibrio controllato... non una condizione naturale del mio essere.
cacchio.. hai veramente il dono della sintesi!
buzz ha scritto:si. quello che scrivo assomiglia troppo a un pippozzo sociologico, per cui riassumo da bignami...
in realtà penso da un lato quello che ho scritto sopra, (cit. di sartre) ovvero che l'angoscia sia una condizione ineludibile dell'essere umano, frutto del fallimento di ogni tentativo frustrato di essere dio.
dall'altro che il disadattamento sia prodotto della società moderna, troppo complessa e aldilà delle nostre capacità di comprensione, per cui siamo attratti da attività in cui le cose sono evidenti e semplici, poche regole e immediate.
l'approccio di tengri è quello a cui mi sento più vicino.
ma è una conquista raggiunta faticosamente, uno stato di equilibrio controllato... non una condizione naturale del mio essere.
pienamente condivisibile, grande Buzz voglio solo aggiungere la mia esperienza.
Quella sensazione di malessere che spesso mi accompagna che ormai fa parte di me e del mio mondo, con lei convivo ormai piacevolmente, dopo anni di battaglie, la chiamo amichevolmente Malinconia, è un filtro che mi aiuta ad amplificare certe sensazioni, è quel dolore interno che mi fa piangere se riesco a salire su un monte insieme ad un amico lo stesso che mi accompagna mentre si alza un poco più il gomito sempre insieme a cari amici, ancor di più quando mi metto davanti a una tela ancora nuda dei miei segni, e la mente fatica a costruire, è lo sguardo che accompagnato da una musica guarda emergere ricordi lontani, è il vuoto che ho dentro di me incolmabile per la mancanza dei miei genitori. E' la lontananza da mia figlia anche se segnata dalla gioia della consapevolezza che lei sta inseguendo i suoi sogni. Accetto e amo questo male che mi fa essere come sono e questo lo trovo molto Buddista, in fondo il cammino è un cammino di sofferenza dove porta non lo so e per me ateo convinto non mi interessa, mi interessa vivere adesso in questo momento anche con questo malessere, che mi aiuta ad essere creativo ad amare più di altri certe cose. Il sorriso stolto di chi gioisce di tutto non genera poesia, questa è per lo più generata dal male del vivere e allora ben venga il male che mi fa il mondo, che mi aiuta a cercare una condizione diversa, che mi spinge sul mare e non mi fa accontentare della spiagga, che mi ha insegnato grazie all'inquietudine a salire in alto per poi scendere di nuovo.
AlbertoG ha scritto: Il sorriso stolto di chi gioisce di tutto non genera poesia, questa è per lo più generata dal male del vivere e allora ben venga il male che mi fa il mondo, che mi aiuta a cercare una condizione diversa, che mi spinge sul mare e non mi fa accontentare della spiagga, che mi ha insegnato grazie all'inquietudine a salire in alto per poi scendere di nuovo.
Bello questo pensiero ... anche se su una parte non sono d'accordo. Nemmeno un po'. Non penso che l'unica via verso la "poesia" (ci metto le virgolette) sia quella del "sentire il male del mondo". E che chi riesce (non stoltamente) a gioire delle luci che la vita ti regala sia meno "profondo" di chi soffre, soffre, soffre ....
... francamente lo trovo un luogo comune un po' abusato, veteroromantico (nel senso di Romanticismo con la R maiuscola) e un po' decadente, che direi ha fatto un po' il suo tempo. Potrà non piacere a molti ma anche quella delle avanguardie del primo '900 era "poesia". E il Futurismo poc aveva a che fare con il pessimismo cosmico. Anche l'Illluminismo e il Rinascimento hanno prodotto "poesia". Anche il positivismo ha generato "poesia". Galileo era uno scenziao-poeta. Leonardo lo era.
Insomma, nel pieno rispetto del TUO personale modo di veder la cosa, quando si inzia a generalizzare secondo me un po' di cautela è d'obbligo ... non trovi?
Tengri ha scritto:... Non penso che l'unica via verso la "poesia" (ci metto le virgolette) sia quella del "sentire il male del mondo". E che chi riesce (non stoltamente) a gioire delle luci che la vita ti regala sia meno "profondo" di chi soffre, soffre, soffre ....
ma Alberto mica dice questo.
Mi sa che hai assolutizzato ed estremizzato un po' troppo il pensiero di Alberto...
pensiero che per altro condivido....
però è un dato di fatto che mentre in europa infuriavano guerre rivoluzioni pestilenze e briganti e venivano prodotte a profusione opere d'arte nella letteratura nella poesia nella pittura nella musica... nella civile e tranquilla isolata svizzera non veniva prodotto praticamente un cazzo....
fabri ha scritto:Tengri ha scritto:... Non penso che l'unica via verso la "poesia" (ci metto le virgolette) sia quella del "sentire il male del mondo". E che chi riesce (non stoltamente) a gioire delle luci che la vita ti regala sia meno "profondo" di chi soffre, soffre, soffre ....
ma Alberto mica dice questo.
Mi sa che hai assolutizzato ed estremizzato un po' troppo il pensiero di Alberto...
pensiero che per altro condivido....
Magari sì ... ho frainteso ...
Spiegami allora ...
E diciamola tutta, il mal di mondo stimola, se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa.
Se non soffrissi per i miei innumerevoli fallimenti sociali, non avrei scalato tanto (il risultato, se giusto o sbagliato, lo lascio decidere a voi ).
E' appunto per lenire questo malessere emotivo che ancora adesso cerco il nirvana in parete.
Se non soffrissi per i miei innumerevoli fallimenti sociali, non avrei scalato tanto (il risultato, se giusto o sbagliato, lo lascio decidere a voi ).
E' appunto per lenire questo malessere emotivo che ancora adesso cerco il nirvana in parete.
Tengri ha scritto:AlbertoG ha scritto: Il sorriso stolto di chi gioisce di tutto non genera poesia, questa è per lo più generata dal male del vivere e allora ben venga il male che mi fa il mondo, che mi aiuta a cercare una condizione diversa, che mi spinge sul mare e non mi fa accontentare della spiagga, che mi ha insegnato grazie all'inquietudine a salire in alto per poi scendere di nuovo.
Bello questo pensiero ... anche se su una parte non sono d'accordo. Nemmeno un po'. Non penso che l'unica via verso la "poesia" (ci metto le virgolette) sia quella del "sentire il male del mondo". E che chi riesce (non stoltamente) a gioire delle luci che la vita ti regala sia meno "profondo" di chi soffre, soffre, soffre ....
... francamente lo trovo un luogo comune un po' abusato, veteroromantico (nel senso di Romanticismo con la R maiuscola) e un po' decadente, che direi ha fatto un po' il suo tempo. Potrà non piacere a molti ma anche quella delle avanguardie del primo '900 era "poesia". E il Futurismo poc aveva a che fare con il pessimismo cosmico. Anche l'Illluminismo e il Rinascimento hanno prodotto "poesia". Anche il positivismo ha generato "poesia". Galileo era uno scenziao-poeta. Leonardo lo era.
Insomma, nel pieno rispetto del TUO personale modo di veder la cosa, quando si inzia a generalizzare secondo me un po' di cautela è d'obbligo ... non trovi?
non credo di aver generalizzato potrei farti lo stesso appunto, di discorsi simili al bar ne sentono tutti i giorni l'arte come gioia, i campi di girasoli, le marine, i tramonti, non so!!! la vedo diversamente e la mia voleva essere solo una descrizione dl mio modo di essere, ma nei forum il rischio di cadere nel "io ho ragione e tu no" c'è sempre. Non credo sia il tuo caso Tengri, ho sempre stimato i tuoi interventi, e non c'è in me nessuna intenzione di questo genere.
Ma !!!per ritornare a bomba in Bacon non vedo allegria e lo stesso nella grandissima Alda Merini, nei tuoi esempi lo stesso, la storia di Leonardo è segnata in maniera profonda dall'inquietudine, e non riesco a immaginare un Polllok che canticchia mentre cola i suoi colori sulle tele, o Bocklin mentre dipinge L'isola dei morti, o nelle oniriche visioni di Magritte, o in Goya, ma nemmeno in Dali o in Picasso, e in Cattelan lo stesso, ma mi puoi sempre dire che è un mio modo di osservare il mondom, non è pessimismo cosmico ma inquietudine, insofferenza, inadeguatezza cronica e tra i Monti spesso c'è lo stesso senso di allontanamento dal mondo..
parlo di Monti non di falesia
spesso riporto una frase che dice il protagonista del libro "Follia" di P. McGrath, un'artista rinchiuso in un ospedale psichiatrico che dice: "L'artista volge le spalle alla vita"
e quanti alpinisti lo hanno fatto, ma è logico solo cosi si può raggiungere o almeno tentare di farlo la stato dell'Arte
Ultima modifica di AlbertoG il Mer Giu 20, 2012 12:59 pm - modificato 1 volta.
Roberto ha scritto:E diciamola tutta, il mal di mondo stimola, se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa.
Se non soffrissi per i miei innumerevoli fallimenti sociali, non avrei scalato tanto (il risultato, se giusto o sbagliato, lo lascio decidere a voi ).
E' appunto per lenire questo malessere emotivo che ancora adesso cerco il nirvana in parete.
Roberto perdonami ... io non ho nulla in contrario con i TUO personale modo di vedere e vivere le cose. Sto solo cercando di dire che renderlo un REGOLA VALIDA PER TUTTI mi sembra eccessivo. Dire che "se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa" mi semba una generalizzazione bella e buona.
E' come dire che un serial killer è necessariamente un disadattato. Non è così. C'è chi lo fa per questo ma c'è anche chi scientemente e per soldi fa la stessa cosa. Ci costruisce una professione. Il risultato è lo stesso: tanti morti.
Ergo il risultato "tante vie aperte" può provenire da background completamente diversi. Uno è il tuo. Ma ce ne sono anche altri. Tutto qui.
Tengri ha scritto: Ergo il risultato "tante vie aperte" può provenire da background completamente diversi. Uno è il tuo. Ma ce ne sono anche altri. Tutto qui.
su questo siamo d'accordo
AlbertoG ha scritto:Tengri ha scritto:AlbertoG ha scritto: Il sorriso stolto di chi gioisce di tutto non genera poesia, questa è per lo più generata dal male del vivere e allora ben venga il male che mi fa il mondo, che mi aiuta a cercare una condizione diversa, che mi spinge sul mare e non mi fa accontentare della spiagga, che mi ha insegnato grazie all'inquietudine a salire in alto per poi scendere di nuovo.
Bello questo pensiero ... anche se su una parte non sono d'accordo. Nemmeno un po'. Non penso che l'unica via verso la "poesia" (ci metto le virgolette) sia quella del "sentire il male del mondo". E che chi riesce (non stoltamente) a gioire delle luci che la vita ti regala sia meno "profondo" di chi soffre, soffre, soffre ....
... francamente lo trovo un luogo comune un po' abusato, veteroromantico (nel senso di Romanticismo con la R maiuscola) e un po' decadente, che direi ha fatto un po' il suo tempo. Potrà non piacere a molti ma anche quella delle avanguardie del primo '900 era "poesia". E il Futurismo poc aveva a che fare con il pessimismo cosmico. Anche l'Illluminismo e il Rinascimento hanno prodotto "poesia". Anche il positivismo ha generato "poesia". Galileo era uno scenziao-poeta. Leonardo lo era.
Insomma, nel pieno rispetto del TUO personale modo di veder la cosa, quando si inzia a generalizzare secondo me un po' di cautela è d'obbligo ... non trovi?
non credo di aver generalizzato potrei farti lo stesso appunto, di discorsi simili al bar ne sentono tutti i giorni l'arte come gioia, i campi di girasoli, le marine, i tramonti, non so!!! la vedo diversamente e la mia voleva essere solo una descrizione dl mio modo di essere, ma nei forum il rischio di cadere nel "io ho ragione e tu no" c'è sempre. Non credo sia il tuo caso Tengri, ho sempre stimato i tuoi interventi, e non c'è in me nessuna intenzione di questo genere.
Ma !!!per ritornare a bomba in Bacon non vedo allegria e lo stesso nella grandissima Alda Merini, nei tuoi esempi lo stesso, la storia di Leonardo è segnata in maniera profonda dall'inquietudine, e non riesco a immaginare un Polllok che canticchia mentre cola i suoi colori sulle tele, o Bocklin mentre dipinge L'isola dei morti, o nelle oniriche visioni di Magritte, o in Goya, ma nemmeno in Dali o in Picasso, e in Cattelan lo stesso, ma mi puoi sempre dire che è un mio modo di osservare il mondom, non è pessimismo cosmico ma inquietudine, insofferenza, inadeguatezza cronica e tra i Monti spesso c'è lo stesso senso di allontanamento dal mondo..
parlo di Monti non di falesia
spesso riporto una frase che dice il protagonista del libro "Follia" di P. McGrath, un'artista rinchiuso in un ospedale psichiatrico che dice: "L'artista volge le spalle alla vita"
e quanti alpinisti lo hanno fatto, ma è logico solo cosi si può raggiungere o almeno tentare di farlo la stato dell'Arte
Chissà ... sarà che sono eretico o semplicemente che non sono e sarò mai un "artista" ...
PS: sono d'accordo con te sull'effetto "io c'ho ragione e tu torto" ... ma siamo qui a discutere apposta no? E infatti al bar si sentono pure le discussioni su "quanto sono figo io che soffro e capisco il mondo. Ma tu che cerchi e magari trovi anche spazzi di gioia che ne sai" .... e via dicendo ...
Senza farne una regola generale penso però anche io che non la gioia, ma la sofferenza, sia produttiva.
Ho centinaia di esempi in questo senso, in ogni attività a cui mi rivolgo trovo esempi.
Al contrario non me ne viene in mente nessuno.
Le grandi realizzazioni esigono che ci si metta in gioco anche oltre il limite. Non è cosa che viene bene quando si ha una vita serena e equilibrata.
Ho centinaia di esempi in questo senso, in ogni attività a cui mi rivolgo trovo esempi.
Al contrario non me ne viene in mente nessuno.
Le grandi realizzazioni esigono che ci si metta in gioco anche oltre il limite. Non è cosa che viene bene quando si ha una vita serena e equilibrata.
Tengri ha scritto:Roberto ha scritto:E diciamola tutta, il mal di mondo stimola, se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa.
Se non soffrissi per i miei innumerevoli fallimenti sociali, non avrei scalato tanto (il risultato, se giusto o sbagliato, lo lascio decidere a voi ).
E' appunto per lenire questo malessere emotivo che ancora adesso cerco il nirvana in parete.
Roberto perdonami ... io non ho nulla in contrario con i TUO personale modo di vedere e vivere le cose. Sto solo cercando di dire che renderlo un REGOLA VALIDA PER TUTTI mi sembra eccessivo. Dire che "se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa" mi semba una generalizzazione bella e buona.
E' come dire che un serial killer è necessariamente un disadattato. Non è così. C'è chi lo fa per questo ma c'è anche chi scientemente e per soldi fa la stessa cosa. Ci costruisce una professione. Il risultato è lo stesso: tanti morti.
Ergo il risultato "tante vie aperte" può provenire da background completamente diversi. Uno è il tuo. Ma ce ne sono anche altri. Tutto qui.
Tengri, perdonami ... anche il serial killer trova sollievo nel mal di mondo ammazzando la gente, è il suo modo (in questo caso sbagliato). Poi c' è chi si stringe un cilicio intorno alla vita, chi va ginocchioni al santuario, chi si distrugge con le droghe, chi accumula superflue ricchezze, chi scala le montagne .... Non è generalizzare, è la fatica di vivere, comune a tutti e a cui ognuno risponde come può. Certo, ci sono anche quelli che sono in pace con se stessi, soddisfatti, beatamente rassegnati o capaci di apprezzare quel che hanno costruito senza soffrire per quel che non hanno saputo compiere. Io, da parte mia, soffro di un disagio ambientale e in montagna dimentico, scarico, rimuovo, sopravvivo ai miei limiti.
In tanti anni di scalate mi sono domandato diecimila volte perché tanto accanirsi, adesso, che gli anni si fanno sentire, che le motivazioni scarseggiano (in realtà sono soddisfatto del mio essere alpinista), mi chiedo perché insistere ancora, quale è la molla che ancora ho carica dentro di me.
L' altra domenica, su una via aperta da me 24 anni fa, sul tratto chiave avevo una giustificata strizza, come sempre mi sono detto questa è l' ultima. Quando sono passato ed ho preso finalmente l' appiglio buono, ho rivissuto para-para, l' emozione di allora: una gioia euforica, un vero trip emozinale. Ce l' avevo fatta, avevo rischiato e avevo superato la prova, avevo dimostrrarto a me stesso che ne ero capace (allora) e che ne sono ancora capace (adesso). Tutto il resto non contava nulla, respiravo ancora affannato, completamente dimentico del mal di testa, dei problemi familiari, del lavoro che manca, dell' azienda agricola che va a rotoli, dell' immagine di mio padre deluso che muore troppo giovane ... Pochi metri di arrampicata mi hanno fatto sentire diverso, speciale, superiore a me stesso, così mediocre in tante altre cose.
Cazzo, questo si che è vivere, vaffanculo mondo di merda, io scalo le montagne, mica pizzi e fichi!
Però scalare pizza e fichi ha i suoi vantaggi. Non ti devi portare da mangiare dietro.
Però le prese sono untebuzz ha scritto:Però scalare pizza e fichi ha i suoi vantaggi. Non ti devi portare da mangiare dietro.
Roberto ha scritto:Però le prese sono untebuzz ha scritto:Però scalare pizza e fichi ha i suoi vantaggi. Non ti devi portare da mangiare dietro.
Mica tutte. Ci sono anche quelle appiccicose.
Roberto ha scritto:Tengri ha scritto:Roberto ha scritto:E diciamola tutta, il mal di mondo stimola, se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa.
Se non soffrissi per i miei innumerevoli fallimenti sociali, non avrei scalato tanto (il risultato, se giusto o sbagliato, lo lascio decidere a voi ).
E' appunto per lenire questo malessere emotivo che ancora adesso cerco il nirvana in parete.
Roberto perdonami ... io non ho nulla in contrario con i TUO personale modo di vedere e vivere le cose. Sto solo cercando di dire che renderlo un REGOLA VALIDA PER TUTTI mi sembra eccessivo. Dire che "se uno è in pace con se stesso certe cose, giuste o sbagliate - dipende dall' inclinazione personale - non le fa" mi semba una generalizzazione bella e buona.
E' come dire che un serial killer è necessariamente un disadattato. Non è così. C'è chi lo fa per questo ma c'è anche chi scientemente e per soldi fa la stessa cosa. Ci costruisce una professione. Il risultato è lo stesso: tanti morti.
Ergo il risultato "tante vie aperte" può provenire da background completamente diversi. Uno è il tuo. Ma ce ne sono anche altri. Tutto qui.
Tengri, perdonami ... anche il serial killer trova sollievo nel mal di mondo ammazzando la gente, è il suo modo (in questo caso sbagliato). Poi c' è chi si stringe un cilicio intorno alla vita, chi va ginocchioni al santuario, chi si distrugge con le droghe, chi accumula superflue ricchezze, chi scala le montagne .... Non è generalizzare, è la fatica di vivere, comune a tutti e a cui ognuno risponde come può. Certo, ci sono anche quelli che sono in pace con se stessi, soddisfatti, beatamente rassegnati o capaci di apprezzare quel che hanno costruito senza soffrire per quel che non hanno saputo compiere. Io, da parte mia, soffro di un disagio ambientale e in montagna dimentico, scarico, rimuovo, sopravvivo ai miei limiti.
In tanti anni di scalate mi sono domandato diecimila volte perché tanto accanirsi, adesso, che gli anni si fanno sentire, che le motivazioni scarseggiano (in realtà sono soddisfatto del mio essere alpinista), mi chiedo perché insistere ancora, quale è la molla che ancora ho carica dentro di me.
L' altra domenica, su una via aperta da me 24 anni fa, sul tratto chiave avevo una giustificata strizza, come sempre mi sono detto questa è l' ultima. Quando sono passato ed ho preso finalmente l' appiglio buono, ho rivissuto para-para, l' emozione di allora: una gioia euforica, un vero trip emozinale. Ce l' avevo fatta, avevo rischiato e avevo superato la prova, avevo dimostrrarto a me stesso che ne ero capace (allora) e che ne sono ancora capace (adesso). Tutto il resto non contava nulla, respiravo ancora affannato, completamente dimentico del mal di testa, dei problemi familiari, del lavoro che manca, dell' azienda agricola che va a rotoli, dell' immagine di mio padre deluso che muore troppo giovane ... Pochi metri di arrampicata mi hanno fatto sentire diverso, speciale, superiore a me stesso, così mediocre in tante altre cose.
Cazzo, questo si che è vivere, vaffanculo mondo di merda, io scalo le montagne, mica pizzi e fichi!
Ecco appunto ... mi sembra evidente che chiamiamo in modo diverso la stessa cosa ... Io (che non sono né artista ma nemmeno alpinista ... e forse sarà per questo ) nel tuo breve racconto ci leggo gioia, euforia (parole tue) felicità, magari tendenza all'atarassia, alla pace.
leggi bene quello che hai scritto e guarda dove finisce il male di mondo ... in un elenco rapido schiacciato in mezzo alle parole di luce che descrivono la tua "impresa" (nel senso letterale di "fatta", non in quello superomistico di "atto eccezionale"). Ecco è esattamente quello che dicevo all'inizio. Fare la lente di ingrandimento sui momenti di gioia. magari sarà pur eil male di mondo che ti porta lì, ma poi è solo la gioia che alimenta l'atto mentre lo stai compiendo. Ed è solo la gioia che gli dà senso. Quando il male di mondo ti ri-invade l'impresa è conclusa e siamo di nuovo noi uomini a sbagliare la prospettivaa. A rifare di nuovo la lente di ingrandimento sulla parte mezza vuota del bicchiere.
A me ... nel mio piccolo ... in montagna mi ci spinge il desiderio di quella gioia, non il disagio che provo di qua (per capirci). Cerco un segno positivo. Non mi allontano da uno negativo. (sempre per capirsi eh). E cercare un segno positivo può nascere anche dal semplice fatto di godere della gioia. di inebriarsi delle endorfine ... ma senza necessariamente usarle come lenitivo. Sto bene ... ma cerco anche l'emozione diversa e intensa della verticalità. Perché è diversa. perché p èpiù intensa. Non necessariamente perché sento il male del mondo.
Tempo fa parlando di Twight a Buzz dicevo che secondo me ci sono 2 tipi di alpinisti (anche qui generalizzo per capirsi eh): il Twight arrabbiato che recide ogni legame e si fionda dentro alle montagne sfogando il furore nei confronti del mondo a suon di piccozza e il Rob Hall che telefona morente dalla cresta dell'Everest alla moglie incinta di sua figlia.
Boh ... forse sarà vero per l'alpinismo estremo ... eppure non vedo tutta sta similitudine fra omas Humar e Ueli Steck ... anto per dire i due primi nomim che mi vengono in mente. o fra Messner e Kukukzca ... tutti tristi e malinconici sti alpinisti estremi? Non lo so. Ma voi mi sembrate molto più certi ...
Sarà .. come dicevo all'inizio ... che non sono né artista ma nemmeno alpinista
Non credo ci sia contraddizione fra Twitght e Hall. Solo che il primo non si è trovato nella condizione del secondo.
Semplificando (e andando fuori tema), per me ci sono due modi di fare alpinismo, uno è per il gusto e l' altro per sentirsi realizzati.
Scalare le montagne per puro divertimento, senza chiedere troppo a se stessi, senza osare eccessivamente, restando nei limiti (relativi) di sicurezza. Oppure, mettersi ogni volta alla prova (sempre relativanmente a se stessi, non occorre essere dei top), vivere in modo un po stressato la scalata e ricavarne una soddisfazione che va oltre il piacere di avercela fatta.
Ovvio che capita spesso di passare da un modo all' altro e che esistono infinite sfumature, semplifico, l' ho detto.
Il secondo modo è appunto il lenitivo più efficace per il malessere globale. Sono consapevole che non è normale, qualche scompenso c' è.
è
Scalare le montagne per puro divertimento, senza chiedere troppo a se stessi, senza osare eccessivamente, restando nei limiti (relativi) di sicurezza. Oppure, mettersi ogni volta alla prova (sempre relativanmente a se stessi, non occorre essere dei top), vivere in modo un po stressato la scalata e ricavarne una soddisfazione che va oltre il piacere di avercela fatta.
Ovvio che capita spesso di passare da un modo all' altro e che esistono infinite sfumature, semplifico, l' ho detto.
Il secondo modo è appunto il lenitivo più efficace per il malessere globale. Sono consapevole che non è normale, qualche scompenso c' è.
è
Nel periodo in cui più soffrivo di questo tipo di male, erano i primi anni 90, salivo spesso per via del mio lavoro le montagne e restavo ugualmente, nell'animo, prostrato. Aveva un bel dirmi il compagno di turno: "Ma come, noi siamo qua sopra questa meraviglia e tu sbatti per ciò che sta laggiù, meschino e piatto?!".
Adesso che sono pieno di acciacchi ma sereno e mi limito a delle sporadiche camminate me la godo invece al massimo su e giù per le valli. Pur non dimenticando i miei malanni.
Credo dunque che non c'entri la montagna, c'entriamo piuttosto noi.
Adesso che sono pieno di acciacchi ma sereno e mi limito a delle sporadiche camminate me la godo invece al massimo su e giù per le valli. Pur non dimenticando i miei malanni.
Credo dunque che non c'entri la montagna, c'entriamo piuttosto noi.
LucaVi ha scritto:Nel periodo in cui più soffrivo di questo tipo di male, erano i primi anni 90, salivo spesso per via del mio lavoro le montagne e restavo ugualmente, nell'animo, prostrato. Aveva un bel dirmi il compagno di turno: "Ma come, noi siamo qua sopra questa meraviglia e tu sbatti per ciò che sta laggiù, meschino e piatto?!".
Adesso che sono pieno di acciacchi ma sereno e mi limito a delle sporadiche camminate me la godo invece al massimo su e giù per le valli. Pur non dimenticando i miei malanni.
Credo dunque che non c'entri la montagna, c'entriamo piuttosto noi.
mi ritrovo, specie nella parte in grassetto...
il grande Montale:
Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato
Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato
LucaVi ha scritto:Nel periodo in cui più soffrivo di questo tipo di male, erano i primi anni 90, salivo spesso per via del mio lavoro le montagne e restavo ugualmente, nell'animo, prostrato. Aveva un bel dirmi il compagno di turno: "Ma come, noi siamo qua sopra questa meraviglia e tu sbatti per ciò che sta laggiù, meschino e piatto?!".
Adesso che sono pieno di acciacchi ma sereno e mi limito a delle sporadiche camminate me la godo invece al massimo su e giù per le valli. Pur non dimenticando i miei malanni.
Credo dunque che non c'entri la montagna, c'entriamo piuttosto noi.
Ma 'nfatti, è l' azione che aiuta, non l' essere in vetta.
Se l' azione è molto coinvolgente, l' emozione rimane come sospesa, lascia una scia positiva ed anche fuori dalla via sei talmente preso da quello che hai fatto che il resto passa in secondo piano ... almeno per un poco di tempo.
Parliamo di alpinismo perché questo è un forum che parla appunto di alpinismo, il coinvolgimento lo si può trovare in tante altre azioni. Come dici tu, siamo noi che cerchiamo qualche cosa per nascondere un disagio.
Roberto ha scritto:LucaVi ha scritto:Nel periodo in cui più soffrivo di questo tipo di male, erano i primi anni 90, salivo spesso per via del mio lavoro le montagne e restavo ugualmente, nell'animo, prostrato. Aveva un bel dirmi il compagno di turno: "Ma come, noi siamo qua sopra questa meraviglia e tu sbatti per ciò che sta laggiù, meschino e piatto?!".
Adesso che sono pieno di acciacchi ma sereno e mi limito a delle sporadiche camminate me la godo invece al massimo su e giù per le valli. Pur non dimenticando i miei malanni.
Credo dunque che non c'entri la montagna, c'entriamo piuttosto noi.
Ma 'nfatti, è l' azione che aiuta, non l' essere in vetta.
Se l' azione è molto coinvolgente, l' emozione rimane come sospesa, lascia una scia positiva ed anche fuori dalla via sei talmente preso da quello che hai fatto che il resto passa in secondo piano ... almeno per un poco di tempo.
Parliamo di alpinismo perché questo è un forum che parla appunto di alpinismo, il coinvolgimento lo si può trovare in tante altre azioni. Come dici tu, siamo noi che cerchiamo qualche cosa per nascondere un disagio.
meno poeticamente
Le endorfine, ovvero gli ormoni della felicità. Le endorfine sono sostanze naturali. Liberati dal nostro cervello, questi ormoni - prodotti dall'ipofisi - sono in grado di stimolare il nostro sistema nervoso dando all'organismo un senso di benessere e rilassatezza simile a quello ottenuto con l'utilizzo di farmaci e droghe. Il rilascio delle endorfine avviene spontaneamente durante lo sport, mentre ridiamo o nello svolgimento di attività piacevoli.
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