Il tempo di pochi battiti del cuore.
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240312
Il tempo di pochi battiti del cuore.
Sto leggendo "Pastorale americana" il libro di Philip Roth. Ma non l'ho ancora finito e non voglio parlare del libro.
Però il libro c'entra, nei miei pensieri, perché parla del rapporto fra genitori e figli. Anche.
Oggi ho accompagnato mia figlia a casa. Ci siamo salutati. E' scesa dall'auto. Ha suonato al citofono per farsi aprire.
Sono rimasto una manciata di secondi a guardarla.
Si è affacciato il pensiero di aspettare che entrasse. Come quando era più piccola. Andarmene solo quando era al sicuro.
La mano sulla leva del cambio un istante si è fermata.
Ma un altro pensiero, non è più una bambina, si è affacciato e la mano ha inserito la retromarcia.
Il piede spingeva l'acceleratore, l'altro rilasciava la frizione, l'occhio guardavo lo specchio retrovisore, la visione laterale controllava quello che attorno si muoveva. però continuavo a seguire le sue espressioni, in quella manciata di attimi, mentre diceva alla madre qualcosa. Sono io. Apri. Qualcosa. E arrivava il suono che faceva scattare l'apertura del cancello, che io non sentivo ma che percepivo nel suo movimento, la spinta per aprirlo, mentre la macchina si muoveva piano andando indietro e nessuna auto veniva dietro di me, per cui potevo restare, quei secondi, mentre lei faceva un passo, si guardava attorno, lasciava chiudere il cancello alle sue spalle.
Quanto tempo? Quanti battiti del cuore in quel tempo? dieci-quindici non di più.
Eppure una parte della mia mente, con uno sguardo che non passava dagli occhi, vedeva me stesso lì al posto di mia figlia e mi guardavo come se fossi mia madre, mio padre.
Per un breve istante sono stato loro. Ma è una sensazione troppo inusuale per poterla accompagnare per un po', analizzandola meglio. Quella di essere nello stesso identico istante genitore e figlio. Appena un'altra parte della mia mente ha cercato di mettere insieme i pezzi, mi è scivolata via. Come cercare di stringere la sabbia fra le dita, che più stringi più non resta niente.
Vedere me stesso con gli occhi di mia madre. Mentre guardavo mia figlia con gli occhi di padre.
Si dice che quando sei padre inizi a capire i tuoi genitori. Si è vero. Ma non smetti mai di essere figlio. Non smetti mai veramente di essere figlio. Diventi adulto, invecchi, ma sei sempre figlio. Ti senti figlio e per loro lo sei.
Un figlio non sa quello che sente una madre, un padre. Non può saperlo. Quando sarà lui stesso padre, o madre, lo saprà. Ma sarà per suo figlio che proverà questa sensazione. E non riesce, naturalmente, a percepire che suo padre lo guarda in quel modo.
E' così strano pensare che gli anni sono passati e quell'esserino che ti stava nell'incavo del braccio, e tutte le sue successive trasformazioni, di cui hai come delle istantanee che ti passano davanti gli occhi, è un essere adulto, ha la sua vita, e magari sta invecchiando.
A noi solo il nostro corpo ci dice che il tempo passa. E poi in ultimo anche la mente, che è sempre corpo, sempre carne e sangue e nervi che si combinano insieme e diventano pensieri e ricordi oltre a desideri.
Ma in genere il tempo che passa ci prende in giro, non lo capiamo bene, attimo per attimo.
Però quando vedi tua figlia lo capisci. Quando pensi a come ti vede tua madre, lo capisci. E' come un flash. Che il tempo srotola gli anelli di una catena e tu sei uno di quelli.
Però il libro c'entra, nei miei pensieri, perché parla del rapporto fra genitori e figli. Anche.
Oggi ho accompagnato mia figlia a casa. Ci siamo salutati. E' scesa dall'auto. Ha suonato al citofono per farsi aprire.
Sono rimasto una manciata di secondi a guardarla.
Si è affacciato il pensiero di aspettare che entrasse. Come quando era più piccola. Andarmene solo quando era al sicuro.
La mano sulla leva del cambio un istante si è fermata.
Ma un altro pensiero, non è più una bambina, si è affacciato e la mano ha inserito la retromarcia.
Il piede spingeva l'acceleratore, l'altro rilasciava la frizione, l'occhio guardavo lo specchio retrovisore, la visione laterale controllava quello che attorno si muoveva. però continuavo a seguire le sue espressioni, in quella manciata di attimi, mentre diceva alla madre qualcosa. Sono io. Apri. Qualcosa. E arrivava il suono che faceva scattare l'apertura del cancello, che io non sentivo ma che percepivo nel suo movimento, la spinta per aprirlo, mentre la macchina si muoveva piano andando indietro e nessuna auto veniva dietro di me, per cui potevo restare, quei secondi, mentre lei faceva un passo, si guardava attorno, lasciava chiudere il cancello alle sue spalle.
Quanto tempo? Quanti battiti del cuore in quel tempo? dieci-quindici non di più.
Eppure una parte della mia mente, con uno sguardo che non passava dagli occhi, vedeva me stesso lì al posto di mia figlia e mi guardavo come se fossi mia madre, mio padre.
Per un breve istante sono stato loro. Ma è una sensazione troppo inusuale per poterla accompagnare per un po', analizzandola meglio. Quella di essere nello stesso identico istante genitore e figlio. Appena un'altra parte della mia mente ha cercato di mettere insieme i pezzi, mi è scivolata via. Come cercare di stringere la sabbia fra le dita, che più stringi più non resta niente.
Vedere me stesso con gli occhi di mia madre. Mentre guardavo mia figlia con gli occhi di padre.
Si dice che quando sei padre inizi a capire i tuoi genitori. Si è vero. Ma non smetti mai di essere figlio. Non smetti mai veramente di essere figlio. Diventi adulto, invecchi, ma sei sempre figlio. Ti senti figlio e per loro lo sei.
Un figlio non sa quello che sente una madre, un padre. Non può saperlo. Quando sarà lui stesso padre, o madre, lo saprà. Ma sarà per suo figlio che proverà questa sensazione. E non riesce, naturalmente, a percepire che suo padre lo guarda in quel modo.
E' così strano pensare che gli anni sono passati e quell'esserino che ti stava nell'incavo del braccio, e tutte le sue successive trasformazioni, di cui hai come delle istantanee che ti passano davanti gli occhi, è un essere adulto, ha la sua vita, e magari sta invecchiando.
A noi solo il nostro corpo ci dice che il tempo passa. E poi in ultimo anche la mente, che è sempre corpo, sempre carne e sangue e nervi che si combinano insieme e diventano pensieri e ricordi oltre a desideri.
Ma in genere il tempo che passa ci prende in giro, non lo capiamo bene, attimo per attimo.
Però quando vedi tua figlia lo capisci. Quando pensi a come ti vede tua madre, lo capisci. E' come un flash. Che il tempo srotola gli anelli di una catena e tu sei uno di quelli.
Il tempo di pochi battiti del cuore. :: Commenti
Re: Il tempo di pochi battiti del cuore.
anche a me capita sempre più spesso di fermarmi ad osservare mio figlio e in quegli attimi il tempo davanti agli occhi scorre a velocità incredibili... quasi una dimensione parallela, una finestra che si apre e ti permette di vedere con una lucidità che normalmente non hai...
questa cosa mi piace ma... anche no... e puoi immaginare il perchè!
questa cosa mi piace ma... anche no... e puoi immaginare il perchè!
Quando guardo mia figlia, che ha soltanto 12 anni, vedo mio padre, me e lei al contempo e già penso: che abbia cura di sé.
ho avvicinato per pochi attimi gli anelli della mia vita
e ti ho letto con gli occhi assenti di mia madre, ho compreso con la mente di figlia, mi sono emozionata con il cuore di mamma!
anelli di una catena, forte come la vita
spezzata dalla vita
e ti ho letto con gli occhi assenti di mia madre, ho compreso con la mente di figlia, mi sono emozionata con il cuore di mamma!
anelli di una catena, forte come la vita
spezzata dalla vita
Ma non è che in tutto questo amore per loro ci sia anche del senso di colpa per averli messi al mondo?
LucaVi ha scritto:Ma non è che in tutto questo amore per loro ci sia anche del senso di colpa per averli messi al mondo?
i figli: la parte migliore di noi...il filo d'amore che ti lega per tutta la vita ....
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