Mauro Corona - Il senso del sacro
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Re: Mauro Corona - Il senso del sacro
Non vorrei la solita discussione su Mauro Corona, che come tutte le persone non banali suscita emozioni forti, sia pro che contro.
Ma in questo video delle cose, ed è un buon modo per introdurre il discorso sul senso del sacro.
Mi è venuto in mente dal topic di Yo Dolce il vento, pensando proprio al senso di sacralità che provo in certi luoghi, vicino a certi alberi, o a certe rocce, o una sorgente...
Ricordo un libro di Steinbeck "A un dio sconosciuto" che nelle prime pagine descrive perfettamente questa sensazione prinordiale. Legata alla miseria, come dice Corona. Superstizione. Ma le religioni, tutte, non sono nate così?
Nella paura del domani, degli elementi, delle forze della natura.
Ma in questo video delle cose, ed è un buon modo per introdurre il discorso sul senso del sacro.
Mi è venuto in mente dal topic di Yo Dolce il vento, pensando proprio al senso di sacralità che provo in certi luoghi, vicino a certi alberi, o a certe rocce, o una sorgente...
Ricordo un libro di Steinbeck "A un dio sconosciuto" che nelle prime pagine descrive perfettamente questa sensazione prinordiale. Legata alla miseria, come dice Corona. Superstizione. Ma le religioni, tutte, non sono nate così?
Nella paura del domani, degli elementi, delle forze della natura.
... da qui
Il romanzo ruota attorno al rapporto tra il protagonista Joseph, la Terra e tutto ciò che di impalpabile e di illogico compenetra, modifica e comanda il mondo fisico. Terra intesa come la Grande Madre, colei tutto dà e tutto prende, colei che i suoi figli nutre e uccide.
L’impalpabile e l’illogico è forse racchiuso nell’idea del "dio sconosciuto" che rende la terra feconda, corre nel vento ammassando le nubi, concede l’abbondanza per poi ridurla in carestia e vuole il suo altare bagnato di sangue.
Joseph è legato a queste forze, se le sente scorrere dentro e le percepisce nell’aria.
E’ un dono, una pazzia o una maledizione?
E l’interpretazione dei segni e delle sensazioni è ardua, come se il dio non volesse mai svelare il suo vero volto.
Di quel dio ne troverà l’altare, in una radura al centro di una pineta fitta come una barriera impenetrabile, resa silenziosa e ovattata da un tappeto di aghi soffici che assorbono ogni rumore portando il luogo al di fuori dal tempo: è una roccia coperta di muschio, talmente grande da essere assurda …. Alla base della roccia una piccola grotta contornata da felci e dalla grotta un ruscello: la sacralità è quasi palpabile, come lo è la potenza e la bontà ….. Ma cos’è la bontà in un dio senza tempo?
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Re: Mauro Corona - Il senso del sacro
Dai concetti di Corona e Steinbeck, strizzo un succo semplicistico: due righe che scrissi nel 2004. Quanto vi si riconosca i due pensatori citati è per me sorprendente e strabiliante.
La radura
Si fermò sul bordo del bosco a spiare la radura: dio non c’era.
Immobile l’ondulato tappeto di mirtilli e rododendri lasciava scintillare attardate gocce di rugiada, mentre quelle già vaporizzate dai raggi del mattino sostavano a mezz’altezza come diafano velo luminescente.
Palcoscenico perfetto per il primo pascolo del timido capriolo, che avanza lento tra la bruma brucando capolini di genzianella. Quando alza il capo orienta le orecchie a scatto in ogni direzione e arriccia il naso per carpire odori d’allarme. La sua pelle bruna ha leggeri fremiti mentre il sole la riscalda e sugge impercettibili volute di vapori. Esso è il dio del mattino, se ne può immaginare la presenza, ma oggi qui non c’è.
Gli alti pecci sagomavano tra le fronde fasci obliqui di luce, canne dorate di un organo muto intonanti il maestoso silenzio della selva.
Nella volta di cielo di quel tempio si sarebbe potuto udire il fruscio dell’aria tra le penne della maestosa aquila sorvolante. Senza sforzo posa le sue ali sulla colonna d’aria e compie pigri cerchi apparentemente apatica. Ma il suo occhio vede e valuta ogni movimento: essa è l’occhio di dio.
Peccato che oggi sia altrove.
Il silenzio proseguiva la sua struggente sinfonia trattenendo il pensiero sulle sue note in un attimo infinito di apnea cerebrale dolce e sorprendente.
Poteva essere spezzato, distrutto dal fischio improvviso e lancinante della marmotta.
Ecco che compare tra i cespugli di mirtillo il simpatico muso, ritta su due zampe pronta a lanciarsi verso l’imbocco della tana. Essa è il dio della terra che oggi ancora non ha lasciato le sue labirintiche stanze ipogee.
L’oscuro perimetro della radura, reso imperscrutabile dall’ombra delle chiome, poteva celare altri occhi inquieti prudenti e circospetti.
Forse l’orso era lì e i loro sguardi non si potevano incontrare. Gli odori però passano radenti le erbe, danzano con gli sbuffi d’aria calda rilasciata dal suolo e si spandono a tradire presenze. Il dio della foresta, dorso possente di ispidi peli, cautamente aveva lasciato il bordo della radura e nella profondità dei boschi caracollava indifferente.
Un bianco masso dalla faccia liscia sovrastava appena la superficie dei rododendri creando un’isola flagellata da marosi di ferruginose foglie schiumanti grappoli di calici vermigli.
Luogo ideale per la vipera dal corno che scioglie al primo sole il torpore notturno. Immobile ora, scenderà dal suo pulpito più tardi per tendere silenziosi agguati a ignare prede. Essa è il dio del pomeriggio ma oggi le sue nere e sinuose losanghe non ornano il bianco masso.
Smise di scrutare la disoccupata radura e con pochi passi varcò il confine del bosco, s’inoltrò tra i cespugli di rododendri e mirtilli puntando verso il centro. Il calore del sole lo pervase di un brivido di piacere. Si fermò dopo pochi passi, alzò lo sguardo al cielo e poi si volse verso il punto da dove era venuto.
E, improvvisamente, dio era nella radura.
La radura
Si fermò sul bordo del bosco a spiare la radura: dio non c’era.
Immobile l’ondulato tappeto di mirtilli e rododendri lasciava scintillare attardate gocce di rugiada, mentre quelle già vaporizzate dai raggi del mattino sostavano a mezz’altezza come diafano velo luminescente.
Palcoscenico perfetto per il primo pascolo del timido capriolo, che avanza lento tra la bruma brucando capolini di genzianella. Quando alza il capo orienta le orecchie a scatto in ogni direzione e arriccia il naso per carpire odori d’allarme. La sua pelle bruna ha leggeri fremiti mentre il sole la riscalda e sugge impercettibili volute di vapori. Esso è il dio del mattino, se ne può immaginare la presenza, ma oggi qui non c’è.
Gli alti pecci sagomavano tra le fronde fasci obliqui di luce, canne dorate di un organo muto intonanti il maestoso silenzio della selva.
Nella volta di cielo di quel tempio si sarebbe potuto udire il fruscio dell’aria tra le penne della maestosa aquila sorvolante. Senza sforzo posa le sue ali sulla colonna d’aria e compie pigri cerchi apparentemente apatica. Ma il suo occhio vede e valuta ogni movimento: essa è l’occhio di dio.
Peccato che oggi sia altrove.
Il silenzio proseguiva la sua struggente sinfonia trattenendo il pensiero sulle sue note in un attimo infinito di apnea cerebrale dolce e sorprendente.
Poteva essere spezzato, distrutto dal fischio improvviso e lancinante della marmotta.
Ecco che compare tra i cespugli di mirtillo il simpatico muso, ritta su due zampe pronta a lanciarsi verso l’imbocco della tana. Essa è il dio della terra che oggi ancora non ha lasciato le sue labirintiche stanze ipogee.
L’oscuro perimetro della radura, reso imperscrutabile dall’ombra delle chiome, poteva celare altri occhi inquieti prudenti e circospetti.
Forse l’orso era lì e i loro sguardi non si potevano incontrare. Gli odori però passano radenti le erbe, danzano con gli sbuffi d’aria calda rilasciata dal suolo e si spandono a tradire presenze. Il dio della foresta, dorso possente di ispidi peli, cautamente aveva lasciato il bordo della radura e nella profondità dei boschi caracollava indifferente.
Un bianco masso dalla faccia liscia sovrastava appena la superficie dei rododendri creando un’isola flagellata da marosi di ferruginose foglie schiumanti grappoli di calici vermigli.
Luogo ideale per la vipera dal corno che scioglie al primo sole il torpore notturno. Immobile ora, scenderà dal suo pulpito più tardi per tendere silenziosi agguati a ignare prede. Essa è il dio del pomeriggio ma oggi le sue nere e sinuose losanghe non ornano il bianco masso.
Smise di scrutare la disoccupata radura e con pochi passi varcò il confine del bosco, s’inoltrò tra i cespugli di rododendri e mirtilli puntando verso il centro. Il calore del sole lo pervase di un brivido di piacere. Si fermò dopo pochi passi, alzò lo sguardo al cielo e poi si volse verso il punto da dove era venuto.
E, improvvisamente, dio era nella radura.
Re: Mauro Corona - Il senso del sacro
Si, sono d'accordo. Siamo noi a portare il sacro. A sentirlo, a vederlo. Ma perchè?
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Re: Mauro Corona - Il senso del sacro
Buzz ha scritto:Si, sono d'accordo. Siamo noi a portare il sacro. A sentirlo, a vederlo. Ma perchè?
Perché siamo l'espressione più alta che l'evoluzione naturale abbia prodotto.
Alla faccia dei negazionisti dell'evoluzione e che cercano spiegazioni in altri luoghi perché si vergognano della propria umanità.
Re: Mauro Corona - Il senso del sacro
Condivido ancora. Ma quello che volevo intendere, essendo agnostico, lungi dal posizionare un dio in qualche luogo, e anche avendo qualche idea sulla nascita del sacro (jung aveva definito la religione una psicoterapia, freud un'illusione, marx e nietzsche considerano la nostra coscienza - anche del sacro - un falso...) ci sarebbe da vedere la questione da tanti punti di vista diversi...
ma quello che mi interessava è perché abbiamo questo sospetto di trascendenza di fronte a certi luoghi e non altri.
A quale archetipo corrispondono il grande albero, la roccia isolata, la radura... tanto che l'uomo ha poi cercato sincreticamente di riprodurlo... quali corde fa risuonare dentro di noi e perchè.
ma quello che mi interessava è perché abbiamo questo sospetto di trascendenza di fronte a certi luoghi e non altri.
A quale archetipo corrispondono il grande albero, la roccia isolata, la radura... tanto che l'uomo ha poi cercato sincreticamente di riprodurlo... quali corde fa risuonare dentro di noi e perchè.
buzz- Messaggi : 7223
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Re: Mauro Corona - Il senso del sacro
Siamo esseri consapevoli di esistere; poiché esistiamo grazie alla natura, riflettiamo su di essa la nostra devozione, ammirazione, o sacralità come vuoi chiamarla.
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