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Lorenzo Massarotto

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Lorenzo Massarotto - Pagina 3 Massarottoo

di Mario Crespan

Caro Ettore, mi è proprio piaciuta la tua sparata a Cimolais coi pattini... Se non fosse poi che ciò porta con sé qualche interrogativo. È sempre dura vivere, portare fuori l’inverno, portarci fuori dal freddo che a volte ci prende e ci imprigiona e sembra non lasciarci scampo. Ma passano le stagioni, e le notti. Alba e primavera riportano necessità e chiarezza, nostro malgrado. Riprendiamo a vivere e a cercare salvezza, e in ciò sta la nostra salvezza.
Ma non per questo ti scrivo.
Mi frullano idee per il libro del Mass.
Intanto ho fatto un preventivo. 100 foto a colori, ipotizza Luca. Con 50 doppie e 50 singole sono 150 pagine (con 40 doppie siamo a 140 pagine, con 60 doppie a 160 pagine). Indi, supposte 120 vie nuove, esse si possono suddividere in:
– 50 grandi vie, con tre pagine ciascuna (150 pagine);
– 40 vie medie, con 2 pagine ciascuna (80 pagine);
– 30 vie più brevi, con una pagina ciascuna (30 pagine).
Restano varianti, prime ripetizioni solitarie e invernali (30 pagine). Inoltre introduzione, presentazione, indici e varie (30 pagine).
In totale arriviamo a un volumone di 460-480 pagine. Niente male.
Ma comunque non è nemmeno questa la ragione per cui ti scrivo. Adesso ci arrivo, un po’ per volta. Ho cominciato a leggere e a trascrivere i fogli – manoscritti e dattiloscritti – che ci sono stati consegnati da Fabiola, la sorella di Lorenzo. Ci sono cose interessanti, naturalmente. Mi sto avvicinando a esse con un po’ di timore, quasi mi stessi inoltrando in un territorio privato, personale, in cui non mi sento legittimato a ficcare il naso. Scopro quasi arrossendo alcuni meccanismi di scrittura che dovrebbero a buon diritto rimanere segreti. Eppure, mi dico anche, è così che l’esperienza e la conoscenza si possono perpetuare. Mi sento privilegiato in questo cammino di scoperta. Vedo e riconosco nel Mass un desiderio di assoluto e di autentico che mi riporta ai miei anni giovanili, e un po’ anche a quelli di adesso. Trovare nelle montagne un universo dove far nascere e morire ogni energia di ricerca, in una circolarità senza fine, partecipe della bellezza, della forma, del sogno, dell’amore, di un infinito possibile. Rasentare l’immortalità senza rinunciare alla gioia. Come diceva il Mass: «imparare a vivere giocando». Terribile e fascinosa serietà dei giochi. Per adesso mi contento di trascrivere e catalogare, quando posso perché ho sempre scadenze pressanti. Quasi sempre tardi nella notte.
È davvero una bella impresa, mi dico. Mi pare che anche tu ne sia convinto e sono stato felice di sentire, al telefono, che l’idea ti stava prendendo. Rivivere il Mass, per quanto si possa farlo. Saremo all’altezza? Tu che hai avuto la fortuna di condividere la sua amicizia e presenza per tanti anni lo sei certamente. Io, al solito, mi contento di fare il manovale.
Martedì scorso, a Villa del Conte, a casa del Mass – anche, un po’ troppo invasivamente, in camera sua – è stato detto, e più volte ripetuto, che il punto di partenza obbligato è l’elenco completo di tutte le vie nuove e prime solitarie e invernali. Fra un po’, se mantiene le promesse, Claudio “Caio” Chenet dovrebbe inviarmi un primo elenco.
Il giorno dopo, qui, a casa mia, mi son detto a tal proposito: «Beh, intanto posso un po’ curiosare anch’io sulle “prime” del Mass». E da dove mai potevo cominciare se non dalle Pale di San Lucano? Detto fatto. 16 vie nuove, se non ho contato male, più due prime solitarie e una variante.
Ed eccomi arrivato al nocciolo di questa lettera.
Sì. Passando in rassegna le vie nuove del Mass sulle Pale ho naturalmente considerato anche i compagni di corda. Sapevo che c’eri anche tu, ma ciò che proprio non avevo sospettato era un’imprevista concentrazione di vie in un periodo relativamente ristretto. Ho così scoperto che tu, sulle Pale “Lucane”, hai aperto col Mass un totale di quattro vie nuove più una variante. Ma la cosa strana e, per me, sorprendente, è la seguente: tutte queste vie nuove – compresa la variante – sono state aperte in un arco di 85 giorni, tre mesi scarsi, dagli ultimi di maggio alla fine di agosto del 1981. Ecco il dettaglio:
1) Seconda Pala, parete sud-ovest, via “degli Antichi”, 30 e 31 maggio 1981;
2) Torre di Lagunàz, spigolo nord, variante, 13 giugno 1981;
3) Cima Orientale d’Ambrusògn, parete est, 5 luglio 1981;
4) Torre del Boràl, Pilastro Sud-Est, via “della Solitudine”, 8 e 9 agosto 1981;
5) Seconda Pala, parete est, via “Flora”, 22 agosto 1981.
Mi par proprio singolare che tutte le vie nuove aperte dal Mass assieme a te sulle Pale di San Lucano si esauriscano in un così breve periodo di tempo, breve pensando che la tua amicizia col Mass è durata e si è prolungata poi per oltre un ventennio, durante il quale né tu né il Mass avete certo abbandonato l’alpinismo. Chissà cosa ci leggerebbe Berto Marampon, lui che ama gli incroci inquietanti degli avvenimenti? Mi chiedo anche se tu stesso non ti sia mai posto il quesito circa la ragione che vi ha portato ad aprire – tu e il Mass – cinque nuovi itinerari nell’arco di neanche tre mesi e poi nessun altro in tutti i 24 anni susseguenti. Ma le stranezze non sono ancora finite perché delle 4 vie nuove (lasciamo stare la quinta, la variante) ben 3 sono state ripetute solo da Ivo Ferrari, con una prima solitaria e invernale per gli “Antichi”; quanto alla quarta, la “Flora”, a Ivo gliel’hai fatta conoscere proprio tu (4ª ripetizione) e a Ivo è talmente tanto piaciuta che poi ne ha fatto altre tre ripetizioni, tra cui la prima solitaria. Sembra quasi che Ivo, che mai si è legato alla corda del Mass, seguisse ugualmente le sue tracce sui cammini di roccia delle Pale e lo facesse più volentieri sulle linee che tu stesso avevi contribuito ad aprire. La prediletta via “Flora”, giustamente.
Insomma, mi pare che quell’estate del 1981 sia stata memorabile, irripetibile nella tua vita, non solo alpinistica. Tu, appena 23enne, col 31enne Lorenzo. Cinque vie, un’estate... Ma, non vi fu anche la “Iori” all’Agnèr in quello stesso periodo per voi due? Ho visto che il l’1 luglio vi fu la via sullo Spiz della Lastìa con Leopoldo Roman e il 16 e 17 luglio la via “del Cuore” sull’Agnèr col “bòcia” Soppelsa. E il 2 settembre un’altra variante alla “Tissi” sulla nord della Torre Armena. Era proprio assatanato il Mass, nel 1981!
Va da sé che tu, su quella incredibile estate, dovresti proprio scrivere. Ecco come la vedrei, la cosa: con Luca si era pensato di fare un capitolo per ciascuna via. Ma le vie si possono anche raggruppare. In questo caso, per esempio. Tu potresti portare la tua testimonianza su quelle 4 vie, accennando anche alla variante, volendo. Ne verrebbe fuori un magnifico spaccato di quegli anni. Se poi trovassimo qualche opportuno scritto dello stesso Lorenzo su quella stessa estate sarebbe il massimo. Che ne dici? Poi, di seguito, vi sarebbero le relazioni tecniche delle 4 vie vostre, in questo caso identiche a come appaiono sul tuo libro. Diverse potrebbero essere le foto (le tue migliori, ahimè, sono già comparse sul tuo libro medesimo e occorrerebbe ricercarne di inedite).
Ecco, questo mi è venuto in mente e perciò mi è venuto da scriverti subito. Mi pare che la cosa si configuri davvero in modo eccezionale, e poi quest’anno ricorre perfino il 25simo anniversario. Dico, un quarto di secolo! Lo so, lo so che tu tiri a nasconderti sempre di più e ti capisco – credo – ma qui si tratta del libro del Mass… Cerchiamo di far andare per il mondo un po’, solo un po’, del suo mondo e delle sue visioni. Per aiutare a vivere i sopravissuti. Per aiutare a vivere anche noi.
Spero che questo lavoro che abbiamo intrapreso continui nell’entusiasmo e nella gioia di ritrovare il Mass e di farlo rivivere in noi con il massimo di intensità. Attraverso le sue testimonianze, innanzitutto, ma senza tirarci indietro se intravvediamo l’opportunità di accostare alle sue le nostre parole. Con tutta l’umiltà possibile, naturalmente.
Grazie Ettore, scusa la tirata. Ciao, a presto.
Mario

Carbonera, 21 marzo 2006, ore 01.35.

di Ettore De Biasio

Caro Mario, ho conosciuto il Mass in Val Corpassa. Lui saliva verso la Cima dei Tre con Paolo Cappellari, un nostro ex medico condotto che visitava i vecchi di Pradimezzo lasciando la “Dyane” alla frazione della Ròa e salendo a piedi, con le pedule, la strada per il villaggio. Capitava che si fermasse poi fino a notte nei prati innevati a valle di Pradimezzo dove io, Silvio e Sandro (Soppelsa) sciavamo sulle nevi battute dalle nostre risalite. Rimaneva lì a bordo pista per cronometrare le nostre discese. Ci pareva originale per essere un Dottore.
Il Mass era uguale al Dustin Hoffmann di “Capitan Hook”, con una zazzera di capelli riccioluti e lucidi, le basette lunghe e larghe con la punta fin quasi a toccare i baffi, abbronzato e sudato. Faceva quasi un po’ paura dall’aspetto. In quegli anni occupava abusivamente il sottotetto di un fienile disadorno alla base della parete sud della Tarza Pala. Parlammo subito della Valle di San Lucano, delle sue solitarie trovate sul libro del Bivacco Cozzolino: “Cozzolino Spiz Nord Lorenzo Massarotto solo”, “diedro Detassis-Castiglioni Spiz Nord Lorenzo Massarotto solo”, “via Detassis-Castiglioni alla Lastìa Lorenzo Massarotto solo”, “via Oggioni Lorenzo Massarotto solo”… Parlammo subito anche delle Pale che a me stavano a cuore e di ritrovarci per ripetere la via di Ilio e Sandro al diedro est della Seconda Pala, fresca di un anno. E così fu, verso la fine di agosto. Poi ci ritrovammo a settembre, per due giorni, al Bivacco Bedin, con anche Ilio, Silvio e Tullio (Manfroi). Bighellonammo, piaceva a tutti a fine stagione. Due viette, sul Corn del Bus e sulle creste orientali del Mul, pastasciutte e una trasferta a mezzanotte sulla Cima Orientale d’Ambrusògn a guardare le luci del paese, le auto che andavano avanti e indietro per le valli, magari a fighe, e a filosofarci un po’ su. Prima della neve, assieme a Tullio, risalimmo anche lo Spiz delle Scàndole per un camino a lato delle vie da lui già aperte con Cappellari e lo Zeper.
Ci fu poi la via “degli Antichi”, anche se io quel giorno insistevo per la Terza Pala che sognavo dalla primavera («La faremo quando avremo 60 anni», mi disse Lorenzo alla sommità dello zoccolo della “Tissi” prima di attraversare a riprendere la via sulla Seconda Pala che un mese prima avevamo abbandonato, io e Ilio, giunti spenti sulla cengia per poi rientrare lungo il boràl riempito dalle slavine).
Quindi il tentativo alla Torre del Boràl discendendo il Boràl di San Lucano dall’alto e il ripiegamento sulla Torre di Lagunàz, e poi le Cime d’Ambrusògn. Anche qui io avrei ripercorso volentieri la via di Ilio e compagni, ma lui decise diversamente con soddisfazione per entrambi. Così la bella via del diedro per me è ancora lì da fare e non mi manca. Ritornammo alla Torre del Boràl ad agosto dalla Banca della Trevisana, una settimana dopo l’interminabile “Iori” all'Agnèr, dove lo ripresi più volte mentre segnava su un biglietto i tiri per i gradi bassi – II, III, II – scherzando sulle escursioni domenicali per fare la polenta a metà Agnèr, sul pulpito. Vivemmo 13 ore sulla nord del montagnone, infilati nella sua grande cicatrice, prima di addormentarci disidratati appena varcato il Bivacco Biasin.
Sulla via “della Solitudine” ci legammo ancor più, condividendo temporali e paura, con i fulmini che non ci presero né il pomeriggio né durante la notte che non finiva più, e neppure al mattino ripresa la via per la cima. Fulmini che hanno atteso Lorenzo per quasi 24 anni.
Era tutta l’estate che insisteva per andare nel “cuore” dell’Agnèr. Io l’avevo visto dallo Spiz Nord e non mi convinceva per niente, temevo di andare a morire fra quegli strapiombi senza uscita, appeso a una corda ormai senza forze per risalirla. Così gli trovai il compagno, quel Sandro che non si lamentava mai e che non si poneva mai problemi, come quella volta sulla “Vinatzer” della Marmolada, a 16 anni, in cui non sapeva neanche dove stava andando. Ma era forte, Sandro, fortissimo. Con Silvio andammo alla forcella fra Spiz Sud e Spiz Nord per buttare lo sguardo e le nostre voci verso di loro in parete, andare poi loro incontro e guardarli, i nostri amici, al ritorno dal “cuore” dell’Agnèr.
Poi la “Flora”, che intuimmo durante la ripetizione del diedro est e che, unica via, andai più volte a guardare con il binocolo dalle cenge della Prima Pala per scoprire il possibile passaggio fra le macchie gialle strapiombanti. Compiva 55 anni mia madre quel giorno e davanti al piatto di pastasciutta che ci preparò, come a ogni ritorno e a qualunque ora, le dedicammo la via commuovendola. Voleva bene a mia madre, il Mass, lei lo chiamava con affetto “quel sgarlitón”, per via dei suoi lunghi capelli sempre tutti arruffati.
Dopo la “Flora”, Lorenzo ci teneva ad andare sulla “Susatti” che ancora non aveva ripetizioni, che gli mancava sullo Spiz Nord e che già ci aveva respinto durante l’estate per via di una nube che, dall’attacco della via, era divenuta visibile dalle parti del Focobón.
In effetti non ci trovammo più ad immaginare e poi salire assieme linee nuove, ma rimanemmo ancora e sempre compagni di motorino, lui con il “Ciao” blu di tante Padova-Valle di San Lucano, io con il “Vespoti” cinquanta ad aprire l’aria lungo le salite verso Malga Ciapela. Lo accompagnai due volte nell’inverno dell’82 verso la “Canna d’organo” fino all’attacco, come eravamo stati assieme i giorni “dell’Ideale”, con la disavventura della sua morte presunta, la ricerca del suo corpo nella neve alla base della parete con Silvio in una giornata nebbiosa, il ricordo forte della visione del suo “duvet” rosso che risaliva i camini terminali nel sole, appoggiati alla casera di Malga Ombretta, il Ben Laritti che salta giù dall’elicottero a Malga Ciapela felice di comunicarci che il Mass non aveva bisogno di noi ma solo del suo materiale alpinistico prelevato i giorni precedenti in parete dalle squadre di soccorso della Val Pettorina, con Armida, la madre, sempre a Malga Ciapela che lo aspettava per riabbracciarlo vivo dopo che il prete gli aveva annunciato la tragedia, con il Bee salito da Belluno ad attenderlo e a chiedergli se in parete anche lui parlasse da solo in tutti quei giorni.
In realtà ci legammo ancora una volta, ritrovatisi tutti due soli una fredda sera di settembre del ’96 al Caffè Garibaldi, io rientrando da Lignano dove avevo portato Anisa e Tatiana, lui come al solito in cerca di un compagno. Gli proposi una facile via sulla Prima Pala e andammo a mangiare per stare assieme. Arrivarono poi altri quattro amici di Lorenzo dalla “Bassa” e né lui né io fummo gelosi del nostro programma per il giorno dopo. Così salimmo la via in sei, senza piantare un chiodo ma trovando in parete tutto quello che serviva per ancorarci, in una fredda e radiosa giornata. Al Bedin poi il Mass, con me e Lidia Ballan, una lattina di birra Forst e, mi sembra ieri, la soddisfazione di ritrovarsi ancora lassù, sulle calotte erbose delle Pale nostre amiche e silenziose compagne, mi disse che quella era stata una di quelle giornate che ci riconciliano con l’alpinismo.
Ci siamo poi sempre voluti bene e me lo ritrovo spesso il Mass di quegli anni, con il fazzoletto in testa e i cordini a tracolla e con l’aria di “Io sono un autarchico” del primo Nanni Moretti.
Ci sarebbe sì qualcosa da scrivere di quegli anni, se ne sarò capace.
Son passato anche da Paolo Mosca, che si fida di me (ha detto). Mi ha dato tutti gli schizzi del Mass sull’Agnèr, ci sono anche le relazioni che batteva con la Olivetti sul ciocco di legno fuori dalla Baita del Tita, ne farò delle fotocopie e gli restituirò gli originali. Gliel’ho promesso a Paolo.
Ciao Mario, a presto. Un abbraccio.
Ettore

Cencenighe, 22 marzo 2006, ore 00.48.

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Ultima modifica di LucaVi il Mar Mag 29, 2012 6:39 pm - modificato 2 volte.
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Lorenzo Massarotto :: Commenti

gongo

Messaggio Sab Mar 01, 2014 4:19 pm  gongo

E' un libro di sguardi carezzevoli. La prima di copertina lo dimostra ampiamente: l'Autore non è tecnicamente lo scrittore del libro, ma gli viene lasciato questo spazio per un tributo di riconoscenza; per l'attività svolta e gli ideali che lo hanno mosso, molto graditi all'Editore.
C'è tutto Lorenzo Massarotto nel libro, tutto quello che si è potuto trovare e ricostruire; senz'altro la porzione più importante del volume sono le vie nuove aperte negli anni dall'Alpinista veneto.
Tutto il resto sono sguardi: di amici sopratutto; finestre su una vita che non hanno mai la pretesa di raccontarla. In qualche caso ci sono delle ripetizioni poiché la vicenda è narrata da voci diverse e questo lascia lecito pensare che tutto quello che è stato scritto e detto su Massarotto si trova qui riunito; si è buttato dentro tutto; non è stata nemmeno tentata una soluzione biografica in senso letterario, mediando e ampliando i concetti dei vari interventi, probabilmente non ve n'era bisogno dato che le Vie parlano da sole; quasi che il concetto di base fosse: mettiamoci tutto quello che troviamo, sarà sufficiente per spiegare Lorenzo.
Per spiegare Massarotto era bastante la prima parte del volume, quella dedicata alla sua attività di ricerca alpinistica.
Tutto il resto sono carezze.
Intendiamoci: va benissimo che sia così! Magari poter avere dopo la mia dipartita (ma anche prima...) un simile trattamento!
Da queste carezze emerge una personalità in conflitto con il mondo, che usa l'Alpinismo per non farsi inglobare in quello che doveva essere il suo destino di nato in una provincia veneta, destino che invece si è compiuto nei suoi coetanei, amici e paesani.
Per questo etichettato come ribelle
E' bastante questo per giustificare un'esistenza, per dire che ci hai provato a fare la tua strada. Quando si è consci di aver preso per mano la propria vita si comprende pure che si dovrà morire.

La consapevolezza del proprio limite naturale, regala all'Uomo il coraggio e la tranquillità che sono ingredienti fondamentali per chi affronta la montagna.

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LucaVi

Messaggio Lun Mar 03, 2014 6:59 pm  LucaVi

Interessante quello che dici, condivisibile anche, e comunque strano. Sei un bel tipo Gongo, tortuoso e selvatico come i tuoi percorsi.

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Ad_adri

Messaggio Lun Mar 03, 2014 7:40 pm  Ad_adri

Non mi pare tortuoso ma ha ben sviluppato la sua valutazione e sono concorde con lui  Wink

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virgy

Messaggio Gio Apr 17, 2014 8:22 pm  virgy

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